Omicidio Serena Mollicone, una storia giudiziaria irrisolta: perché il processo d'appello alla famiglia Mottola è da rifare per la Cassazione
SERENA MOLLICONE, L’ITER GIUDIZIARIO DEL COLD CASE
La sua famiglia non smette di battersi per avere verità e giustizia, anche dopo la morte del papà, ma l’omicidio di Serena Mollicone sembra un caso su cui è davvero difficile mettere la parola fine. Lo dimostra quanto deciso, nel marzo scorso, dalla Cassazione, che ha annullato l’assoluzione dei Mottola, imputati per quello che è noto anche come il delitto di Arce, al centro della nuova puntata di Un giorno in pretura.
La Suprema Corte ha disposto un nuovo appello per Franco Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco, sostenendo che i giudici di primo e secondo grado abbiano prodotto motivazioni che si contraddicono fra loro e risultano difficilmente comprensibili.
Nelle motivazioni è scritto che molti indizi – che per il pubblico ministero costituivano “tasselli fondamentali” dell’impianto accusatorio – non sono stati valutati come “sufficienti e convincenti” dalla Corte territoriale. Allo stesso tempo, quella Corte avrebbe più volte riconosciuto la plausibilità della ricostruzione accusatoria, senza spiegare perché, nonostante ciò, ritenesse che gli indizi non bastassero. Si è creato così un vizio logico: si è riconosciuto che la versione dell’accusa può essere plausibile, affermando poi che non è provata, senza mostrare un motivo valido per scartarla.

Inoltre, per la Cassazione non sono state esaminate in maniera adeguata le eventuali spiegazioni alternative dei fatti; ma in un processo penale l’imputato può venire condannato solo se la sua colpevolezza è dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio. Se permangono dubbi, bisogna accertare se possano essere ricomposti in un quadro coerente o se ci sia una spiegazione alternativa plausibile; altrimenti il verdetto – anche quello di assoluzione – può risultare viziato.
LE LACUNE DEI GIUDICI
Ci sono poi alcune testimonianze e prove che la Cassazione considera importanti ma che non sarebbero state adeguatamente prese in esame nei precedenti gradi di giudizio. Come la testimonianza di un parrucchiere, che riferì che Marco Mottola si sarebbe tolto le meches pochi giorni dopo la morte di Serena: un dettaglio che potrebbe essere collegato a tentativi di modificare l’aspetto fisico in un arco temporale vicino al delitto. Ma si citano anche le possibili prove riguardanti la natura del rapporto tra Marco Mottola e Serena Mollicone: secondo la Cassazione, i rapporti non erano sereni, e ciò sarebbe un elemento che rafforza il quadro accusatorio.
Non furono acquisite alcune intercettazioni, o non furono adeguatamente valutate. La Cassazione ha puntato il dito anche contro la mancata assunzione della deposizione del maresciallo Tersigni, che poteva contribuire alla verifica di attendibilità di altre testimonianze.
La sentenza di assoluzione non deve soltanto citare che mancano prove sufficienti: deve spiegare in maniera chiara perché le prove avanzate dall’accusa non bastano, confrontandole con le prove alternative o con i dubbi sorti durante il processo. Inoltre, se la stessa Corte riconosce la plausibilità della ricostruzione accusatoria, deve dire perché questa plausibilità non si traduce in certezza sufficiente per la condanna. Se ciò non avviene, ci si trova di fronte a una motivazione “apparente” o formale, che però non soddisfa i requisiti di un giudizio penale equo.
OMICIDIO SERENA MOLLICONE, GLI ALTRI PROCESSI
Durante le indagini sull’omicidio di Serena Mollicone emerse l’ipotesi che il delitto fosse avvenuto nella caserma dei carabinieri di Arce.
Nel 2019 la Procura di Cassino chiuse le indagini e chiese il rinvio a giudizio di cinque persone, tra cui tre carabinieri. Il processo iniziò nel marzo 2021: al termine di 46 udienze, vennero chieste condanne fino a 30 anni per i Mottola e pene minori per i carabinieri Quatrale e Suprano, ma nel luglio 2022 gli imputati furono tutti assolti, decisione confermata nel luglio 2024 dalla Corte d’appello di Roma.
Le assoluzioni di Quatrale e Suprano divennero definitive nel novembre 2024, mentre per Franco, Marco e Annamaria Mottola la Cassazione ha appunto annullato l’assoluzione e disposto un nuovo processo d’appello.