Calenda ha accusato pubblicamente l'Ad di Enel Cattaneo, che ha replicato ricordando alcuni aspetti importanti del sistema energetico
Ieri è andata in scena la polemica tra il senatore di Azione Carlo Calenda e l’amministratore delegato di Enel, Flavio Cattaneo. Il politico ha accusato la più grande utility italiana di fare margini sulla distribuzione elettrica superiori a società del lusso come Hermès.
Il tema è delicato, perché da mesi si discute della bolletta energetica delle imprese italiane che le vede sfavorite rispetto ai concorrenti europei. Enel controlla circa l’85% della distribuzione elettrica in Italia le cui tariffe, però, sono decise da Arera sulla base di criteri che si applicano a tutte le aziende del settore. Si può discutere sulla regolazione e sugli incentivi che vengono offerti, ma è certo che gli italiani pagano per la materia prima, l’elettricità, un multiplo di quello che pagano per il servizio di distribuzione. Il problema di fondo, quindi, è il costo di produzione dell’elettricità e non quello del servizio di distribuzione.
Ha ragione quindi Flavio Cattaneo quando replica a Calenda citando le resistenze contro il nucleare, contro le pale eoliche e i pannelli solari che alla fine obbligano l’Italia a ricorrere ancora al gas. Che sia questo il caso si evince dal fatto che si sta portando a termine la costruzione di nuove centrali a ciclo combinato, più efficienti di quelle “di prima”, che serviranno a garantire che gli italiani abbiano tutta l’elettricità di cui hanno bisogno in un sistema, quello europeo, che spinge per l’elettrificazione dei consumi, dalle pompe di calore alle auto elettriche.

Ci sono però due novità importanti rispetto a una decina di anni fa. La prima è che il gas non arriva più via tubo dalla Russia, ma via nave dagli Stati Uniti e questo significa un prezzo tre volte superiore a quello precedente per via dei costi di liquefazione, trasporto e rigassificazione.
C’è un altro problema, sollevato ieri dall’ad di Enel, che è quello della tassa europea sulla CO2 che conta per oltre il 20% sui prezzi dell’elettricità. Cattaneo ha il merito di scoperchiare un problema di cui non si parla volentieri, ma che incide veramente sui costi della bolletta. Se l’Italia va a gas, pagarci sopra la tassa sulla CO2 è un grande handicap nel confronto continentale. L’Italia non ha il nucleare e ha un territorio che non è particolarmente favorevole alle rinnovabili perché al Nord, dove c’è la domanda, non c’è il vento e nemmeno troppo sole.
I costi per mettere a terra gli elettrodotti ad alta tensione, per spostare l’energia rinnovabile da Sud a Nord, si misurano in miliardi di euro e non risolvono il problema. Negli ultimi vent’anni, poi, si sono spesi in incentivi per le rinnovabili cifre con cui si sarebbero potute costruire tra le cinque e le dieci centrali nucleari.
Il manager di Enel sposta l’attenzione sui temi decisivi per la bolletta degli italiani e cioè la penalizzazione europea per un sistema costruito sul gas che tutti ormai ammettono ci accompagnerà ancora per qualche decennio, le difficoltà a sviluppare rinnovabili in scala in un Paese con la densità abitativa dell’Italia e, infine, le preclusioni sul nucleare, che ammettono l’atomo solo a condizioni di tecnologie futuribili, la fusione o i reattori modulari, che oggi non appaiono possibili in meno di un decennio.
Enel ha le competenze e la forza finanziaria per contribuire, in modo decisivo, alla soluzione del problema ma le scelte, in ultima analisi, sono politiche; esse riguardano sia i rapporti con l’Unione Europea e i suoi dogmi green, sia quelli geopolitici con i Paesi produttori di gas o con quelli che controllano le catene di fornitura rinnovabili, e sia i costi che si vogliono far pagare al sistema industriale e alle famiglie.
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