Filippo Turetta, colpevole dell'omicidio di Giulia Cecchettin, accetta l'ergastolo: non farà ricorso in appello. La decisione ha un senso profondo
Ha spiazzato tutti Filippo Turetta, rinunciando all’appello. Probabilmente anche i suoi difensori. Ma la dichiarazione di rinuncia è un atto personalissimo dell’imputato che nessuno può impedire e a cui consegue automaticamente l’inammissibilità dell’impugnazione.
L’unica possibilità per Turetta di evitare l’ergastolo era che la Corte di Appello concedesse le attenuanti generiche o cancellasse l’aggravante della premeditazione. Certo le speranze erano poche, ma in caso di conferma della condanna ci sarebbe stata poi da giocare la carta del ricorso in Cassazione.
E li poteva succedere di tutto. La Suprema Corte valuta le motivazioni delle sentenze con rigore e se un aggravante non c’è, annulla la sentenza e ordina che si rifaccia il processo, mediatico o no che sia.
Con la rinuncia all’appello Turetta accetta l’ergastolo, ma il processo si celebrerà comunque. La sentenza era stata appellata anche dal pubblico ministero, che chiedeva di riconoscere le aggravanti della crudeltà e dello stalking. Ed è difficile che l’accusa rinunci a sua volta all’impugnazione. Troppa pressione mediatica sul processo e occorre affermare princìpi di diritto importanti, oltre che evitare precedenti pericolosi perché troppo “buonisti”.
Anche nel caso in cui i giudici di appello riconoscessero una o entrambe le aggravanti, la pena rimarrà la stessa: ergastolo. E per Turetta nulla cambierà.

Ma la rinuncia all’appello da parte di Turetta ha comunque un significato profondo. Vuol dire che l’imputato accetta la pena, il massimo della pena, e si rassegna a passare in carcere la maggior parte della propria vita. Questa scelta vuol dire che il giovane ha capito di aver compiuto un gesto di inaudita gravità e disumanità e che i sensi di colpa per quanto fatto hanno avuto il sopravvento.
Vuole anche dire che non è vero quanto si è detto e scritto sull’imperturbabilità del soggetto e sull’assenza di una vero pentimento. Diversamente, avrebbe cercato fino all’ultimo di venirne fuori, giocandosi le sue carte di farla franca fino all’ultimo. Come fanno tutti gli imputati.
È rimasto sorpreso di questa decisione anche Gino Cecchettin, che non ha mai creduto che l’assassino di sua figlia fosse sinceramente pentito per quanto fatto. Dovrà ora ricredersi. Non esiste nessun’altra ragione che giustifichi la decisione d Turetta di rinunciare a battersi in tribunale per evitare l’ergastolo, se non quella di iniziare un percorso di ricostruzione della propria vita e della propria umanità.
Con questo gesto Turetta ha dato il via al percorso di giustizia riparativa che ci si augura incontrerà anche la partecipazione dei parenti della povera Giulia, percorso che gioverà a tutti, reo e persone offese. Con la speranza che nel frattempo i riflettori si spengano e che il processo mediatico divenga un lungo, doloroso e faticoso processo di redenzione e riconciliazione.
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