A Quarto Grado si parla del caso di Garlasco e fra gli ospiti vi era anche il capitano dei carabinieri Cassese: ecco che cosa ha raccontato
Nella puntata di ieri di Quarto Grado si è parlato del caso di Garlasco e vi era il capitano dei carabinieri Cassese, colui che indagò sulla morte di Chiara Poggi nel 2007. Le prime parole sono state sulla foto della povera ragazza che l’ex carabiniere Marchetto mostrò ad Alberto Stasi durante uno dei primi interrogatori, e che secondo Cassese compromise in parte le indagini: “Quella foto ha condizionato Stasi? Dopo aver visto quella foto Stasi descrive in maniera molto più dettagliata la posizione della ragazza rispetto a quello che aveva dichiarato ai colleghi del verbale delle 16. Perché Marchetto che lo sente non verbalizza? Andrebbe chiesto a lui”.
E ancora: “L’unico particolare che mi preme sottolineare è che questo particolare è stato accertato solo nel 2013, fino a quando la procura non mi ha fatto una delega specifica per raccogliere elementi sulla falsa testimonianza di Marchetto, ho sentito i carabinieri della stazione che mi hanno raccontato di questo episodio. È un’attività che ha posto in essere il signor Marchetto, quella della foto di Chiara, e lui che ha partecipato con me al sit di Stasi non ha mai rappresentato che aveva esibito questa foto a Stasi e non ha mai detto che gli aveva contestato il volto. Se uno vuole andare a vedere le foto, sono 22, solo alcune sono del corpo della ragazza, sfido chiunque a vedere da quella foto il volto bianco o rosso della ragazza. Dove ci porta? Dovrei fare delle supposizioni ma non mi appartengono. Il dato certo è che Marchetto non ha verbalizzato quella circostanza e non ci ha permesso di articolare il verbale delle 23:45 in modo tale da non procedere a una eventuale contestazione”.
Quindi Cassese ha continuato nel suo racconto sull’indagine di Garlasco: “Quando ho sentito Stasi alle 23:45 era un ragazzo calmo, rispondeva tranquillamente alle domande, era molto lineare, molto chiaro. Quando gli facevamo le contestazioni, come ad esempio il volto della ragazza, mi sono fatto inviare la foto dai repertatori con il particolare del volto sul monitor del pc, è venuto dietro la scrivania, si è appoggiato sulla mia spalla e mi ha detto che c’era un punto bianco su un volto coperto di sangue. Stasi era rimasto fuori casa quando sono arrivato io a Garlasco, con un carabiniere vicino ma dopo che mi ha detto succintamente cosa fosse successo è stato portato in caserma”.
DELITTO DI GARLASCO, CASSESE E IL CARABINIERE MARCHETTO
Di nuovo sull’ex carabiniere Marchetto: “Questo attrito fra me e Marchetto… lui ha querelato me e poi quella querela è divenuta calunnia, ma noi siamo una struttura militare. Il capitano può solo segnalare, se c’era una esautorazione l’Arma dei carabinieri fa il servizio provvisorio, ti prende e ti sposta in un altro comando, questo non è avvenuto. Vi siete posti il problema del signor Marchetto trasferito negli anni 2010 non assolutamente riconducibile all’omicidio di Chiara Poggi? Quello che accadde non è il frutto di un’acredine fra me e lui ma di un’attività ricostruita, lui ha indagato fino a gennaio 2008 su Garlasco, ci sono atti a sua firma, tutti gli accertamenti fatti per la famiglia Cappa li hanno fatti Marchetto e i suoi uomini. Lui parla sempre di indagini che andavano fatte a 360 gradi ma nel fascicolo del pm lui risponde testualmente: ‘Il colpevole è Stasi Alberto, sta bene dove sta e gli hanno dato poco’”.
Su cosa ricorda quando entrò nella villetta di Garlasco: “Mi colpì la quantità di sangue distribuito in tutto l’ambiente, le foto non danno il senso della grandezza, è un salone piccolo, nel corridoio due persone della mia stazza dobbiamo metterci di traverso e vedere tutto quel sangue… si percepiva subito l’estrema violenza e accanimento, il sangue era sulle pareti, divano, a terra, scale e porta”. Poi un dettaglio sulla porta a soffietto che dà sulle scale che portano in cantina: “Stasi dice che ha impugnato il pomello di apertura, provava a spingere ma non si apriva perché era ad ante sovrapponibili: lui dice che ha messo la mano col palmo aperto e poi si è aperta la porta. Chiesi poi ai colleghi del Ris di questo particolare messo a verbale e i colleghi hanno smontato la porta e se la sono portata via: sono emerse le impronte del falegname ma le mani di Stasi non c’erano”. Ma secondo Cassese ci sono più assassini sulla scena del crimine? “Da quello che si poteva vedere, c’era l’impronta di una scarpa che si vedeva su più parti del pavimento e quindi a livello macroscopico era una persona sola che ci ha camminato”.
DELITTO DI GARLASCO, CASSESE E L’ALLARME DI STASI
Sul famoso episodio dell’antifurto del magazzino di papà Stasi non segnalato da Marchetto, Cassese ha precisato: “Marchetto non ne ha dato comunicazione. Quando lui dice di essere andato a vedere la bici, entra e fa la relazione. In tutte le interviste parla solo della bici nera, nel momento in cui io parlo di questo allarme nelle successive interviste anche lui parla dell’allarme, e precisa di avermi riferito l’esistenza di questo allarme. Io l’allarme lo vedo attraverso un Tg1 o Tg2, fanno vedere il negozio e vedo che c’è la classica scatoletta gialla e lo chiamo, gli chiedo se c’era l’allarme, poi lui mi fa questa relazione e mi dice di aver accertato l’esistenza dell’allarme. Vado in procura e facciamo il sequestro ma ormai era sovrascritto. La perizia fatta sull’allarme ci spiega che quell’allarme può essere attivato e disattivato previa digitazione sul tastierino. Presumo che qualsiasi investigatore avrebbe scritto sulla relazione che sarebbe stato disattivato l’allarme nel magazzino della bici”.
Poi precisa: “Io non dirigevo l’indagine, non ero il più alto in grado. C’è un verbale del pm in un altro processo che voi non potete vedere. La dottoressa Muscio a specifica domanda riferisce che non era a conoscenza di attriti fra Marchetto e Cassese, e infine, fino a fine ottobre l’indagine era fatta dal provinciale della compagnia e dalla stazione, dopo ottobre è stata fatta fare tutta l’attività alla compagnia”. E ancora: “Io sono arrivato a ottobre 2006 a comandare la compagnia e Marchetto era considerato come un investigatore di alto spessore. Per me in quel momento era il comandante di stazione con 30 anni di esperienza e super considerato in procura”. Infine sullo scontrino di Sempio: “Il livello probatorio di questo scontrino è pari a 0. L’alibi è comunque per una persona sottoposta a indagine, in quel momento (durante il primo interrogatorio del 2008, ndr) Sempio era persona informata sui fatti”.
