Matrimonio vs individualismo

- Gabriele Foti

Come in tutte le culture del mondo, anche in Africa il matrimonio ha un’importanza vitale. Ce ne parla nel dettaglio Don GABRIELE FOTI, missionario della Fraternità san Carlo

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Come in tutte le culture del mondo, anche in Africa il matrimonio ha un’importanza vitale. Il matrimonio tradizionale è quasi un obbligo per chi decide di andare a vivere insieme, mentre quello religioso può avvenire successivamente: molti si sposano in chiesa quando hanno già figli e possono permettersi una cerimonia di lusso (l’apparenza conta moltissimo). Continuamente invitiamo le coppie cristiane a celebrare il matrimonio in chiesa e ritornare così a ricevere i sacramenti.

Gertrude, una delle catechiste con cui lavoro, si è sposata quest’anno. Per le nozze in chiesa sono necessari: sposo e sposa, testimoni (quasi sempre marito e moglie, chiamati a consigliare gli sposi su ogni aspetto della vita matrimoniale), serie di damigelle adulte (almeno 6 o 8), serie di paggi adulti (dello stesso numero) e serie di damigelle bambine, che precedono la sposa dovunque vada. La sposa decide il colore del matrimonio e poi tutte le damigelle, grandi e piccole, si devono vestire di quel colore, mentre i paggi indossano lo stesso abito dello sposo, così come il testimone. Per lo spostamento degli sposi, quindi, non basta una sola auto, ma una processione di 6-8 macchine. Le auto, decorate e inghirlandate, devono essere di bella presenza. Pertanto Gertrude ha chiesto a don Alfonso, il parroco, la sua auto per questa processione e don Alfonso ha acconsentito a patto che fossi io l’autista.

Alla mattina del matrimonio, ho portato l’auto in un posto prestabilito, dove alcune persone hanno iniziato a inghirlandarla. Dopo abbiamo atteso la chiamata della sposa, non appena fosse pronta per essere “prelevata”. A casa della sposa avviene una bellissima cerimonia che precede la processione in chiesa. Una volta che gli autisti sono arrivati, si chiude il portone d’ingresso: a questo punto, fra molti schiamazzi, arrivano gli inviati dello sposo a prelevare la sposa stessa. Inizia un duello a suon di canti nella lingua tribale, in questo caso kikuyo (che mi è stato gentilmente tradotto). Gli amici dello sposo chiedono la sposa, gli amici della sposa non vogliono consegnarla. Dopo un po’ di trattative viene aperto il portone ed entrano gli inviati dello sposo, che in cambio devono “pagare” alla sposa qualcosa di simbolico, come qualche bibita e gli scialli su cui la sposa camminerà dalla casa alla macchina e della macchina alla chiesa, senza toccare terra. E’ una specie di consolazione per i genitori della sposa.

Pagato il dovuto, gli amici vanno verso la casa, ma improvvisamente una donna grassissima spunta dal nulla e blocca loro il passaggio: quello che hanno dato non è sufficiente, devono dare ancora. Si tratta ancora cantando e, quando l’accordo è raggiunto, i due gruppi incominciano finalmente a cantare insieme, invitando la sposa a uscire. Arrivano le damigelline, i paggi, le damigelle, ma la sposa tentenna. Il canto incalza, finché non esce dalla porta una donna vecchissima e senza denti. “Questa è la vostra sposa”, dicono i parenti della sposa. Quelli dello sposo si arrabbiano (per finta) ed esigono la vera sposa, ormai pagata per intero. Altri canti seguono, finché la sposa non esce, tra gli applausi. I genitori della sposa consegnano la sposa ai genitori dello sposo che intanto aspetta in chiesa (il ritardo è solitamente di 1 ora e mezzo o due rispetto all’ora stabilita per la cerimonia!). E finalmente si parte.

La messa è preceduta da un’ora di spettacolo sonoro, che è di certo un ricordo di antiche tradizioni. Alla festa che segue il matrimonio ci sono un’infinità di riti che devono essere svolti: per esempio, la mamma dello sposo regala alla nuora delle pentole, perché d’ora in poi sarà lei a prendersi cura del suo figliolo. E si va avanti per parecchie ore con discorsi, commiati e canti. Alla sera, dopo il ricevimento, si svolge la festa danzante per gli amici più ristretti, che va avanti fino a mattina inoltrata.

Stanchezza a parte, tutta la cerimonia mi ha permesso di rammentare un fatto semplice ma fondamentale, che nel mondo individualistico occidentale spesso si perde. Il matrimonio è un fatto comunitario. Gli sposi sono inseriti in un mondo di genitori e parenti amici e amiche, paggi e damigelle, che potrà accompagnarli e sostenerli, fin dal primo passo. Il matrimonio africano esprime molto bene quale sia il legame con le famiglie d’origine e quanto il matrimonio non implichi solo due individui, ma tutta una comunità intera.



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