Denver, il senso di una tragedia senza senso

Si può capire la strage alla prima di Batman? In un mondo dove non c'è più spazio per l'altro, tutto diventa possibile. L'umanità di James Holmes vista da LUIGI BALLERINI

James Holmes, il ventiquattrenne che ad Aurora ha trasformato in una strage una normale serata al cinema per vedere Batman, non è un malvagio. E nemmeno un sadico. Non lo è nonostante il suo patetico tentativo di travestimento da cattivo con tanto di maschera e bardatura nera, così studiato e preparato nei suoi stupidi dettagli. Ha piuttosto compiuto un vero e proprio passo logico, quello che fa passare l’altro dalla sua natura di partner e di compagno a puro fantoccio. Nulla di personale con le vittime, infatti; al massimo in un rigurgito di lucida umanità, mentre i colpi falcidiavano i corpi in movimento davanti a lui, avrà forse potuto pensare “avete scelto la sera sbagliata per venire qua”. Ma nulla di più. Non si è certo trattato della vendetta su un uomo colpevole di un torto, della punizione per un tradimento, della fredda esecuzione di un killer a pagamento o di una rapina in cui può anche scapparci il morto. Tutta roba da veri malvagi e cattivi. No, qui nulla di personale per definizione, perché per chi si infila nel tunnel di pensiero di James non esistono più persone. In fin dei conti buttare giù venti fantocci o uno solo non fa tanta differenza, se non per un po’ di eccitazione in più nella riuscita numerica dell’atto.

Siamo davanti alla variante psicotica del pensiero paolino ai Galati, quella variante che si arresta alla prima parte della proposizione: non c’è più giudeo né greco, non c’è più né uomo né donna. E così allo stesso modo non ci sono bambini che sgranano gli occhioni davanti all’eroe col mantello scuro, né genitori che li accompagnano dando tregua per una sera alle loro preoccupazioni, né coppie di ragazzi alla loro prima uscita che si tengono la mano anche da seduti, né amici con ancora in bocca il sapore di una birra bevuta insieme nel bar fuori dal cinema nell’attesa del film. Non c’è più nessuno, che viva e speri, che muoia e provi dolore. James, con lo sguardo allucinato mentre dava le spalle allo schermo e sparava alla cieca fra la gente spaventata dai suoi fumogeni, stava uccidendo dei morti, stava colpendo puri bersagli in movimento. Lo scenario sembra da videogioco, ma per lui non è stato un gioco: dentro una realtà dove non esiste l’altro, dove non c’è partner, qualsiasi cosa pensata può essere realizzata davvero, senza limiti. Anzi una volta venute in testa certe idee, esse hanno un potere irresistibile: l’ho pensato e lo faccio, sapendo bene che il fumo soffoca veramente il respiro e i proiettili trafiggono la carne. 

James non è il primo e non sarà l’ultimo, e se farà come tutti i suoi cattivi compagni di delitto non si dichiarerà innocente. Già sappiamo che – come ripetitivamente accade – non ha opposto la minima resistenza all’arresto. Freud aveva ben identificato come in molti casi il senso di colpa preceda il delitto, e non lo segua, anzi come sia proprio lui (il senso di colpa) ad innescarlo e motivarlo. Finalmente adesso James avrà davvero una colpa reale, e anche spettacolare, che riempia quel senso di colpa feroce e vuoto che da tempo tormentava le sue giornate.

Allo stesso modo, secondo copione ci aspettiamo che non si dichiari affatto innocente. Questi killer di solito non lo fanno. Ammetterà tutto candidamente: la premeditazione, i preparativi e l’esecuzione. Non rinnegherà una virgola dei capi di imputazione, perché in un mondo di fantocci non ce n’è bisogno. I giornali si sono già prodigati a descriverlo come un bravo ragazzo; sì certo, magari un po’ isolato e schivo, ma pur sempre laureato in neuroscienze e dottorando. Come dar loro torto?

Il fatto è che non ci servono bravi ragazzi, ma ragazzi bravi. Bravi – ossia capaci – a pensarsi come soggetti di un rapporto e a muoversi nel reale per il proprio successo, mai disgiunto o in opposizione a quello degli altri. Ragazzi bravi, nel senso di competenti, nel porre le condizioni di atti soddisfacenti con gli amici e anche con gli sconosciuti, mai riducibili a fantocci. Soggetti altri che possono essere scartati come compagni perché non affidabili, ma mai fatti fuori.

A Obama che ha dichiarato alla stampa “non riusciremo mai a capire queste tragedie senza senso”, dovremmo mandare a dire di rileggersi il passo ai Galati. Ma questa volta fino in fondo. Paolo informa lui e noi che c’è stato almeno un uomo nella storia che l’ha pensata giusta sul rapporto e sul reale. Ed è da lì che ciascuno di noi ogni volta può ripartire, James compreso se finalmente gli verrà voglia di popolare il suo mondo di uomini.  E non di fantocci.

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