Accogliere un altro

La liturgia è la forma suprema con cui Cristo stesso prega e si offre continuamente a noi. E poi il canto: cantare bene è un’educazione a mantenere desta la percezione del Mistero. 

Pregate sempre senza stancarvi mai, dice Gesù nel Vangelo di Luca (Lc 18,1). La preghiera è lo svolgersi nella vita di un riconoscimento continuo del nostro rapporto con il Mistero. È quindi una coscienza di sé, più che una cosa da fare. È l’accoglienza di un Altro nella propria vita. Come diceva lo starets al pellegrino russo, si tratta di una dimensione che coincide con il respiro e che fluisce spontaneamente dentro la vita di ciascuno di noi.

Perché questo accada occorre riconoscere la presenza del Mistero che si è fatto carne: Gesù, che è presente alla nostra vita e ci attira sempre di più al Padre, adesso, attraverso ogni cosa e ogni attività. Nel compito che mi è affidato come parroco è fondamentale insegnare a pregare, ma perché questo avvenga occorre che io impari a pregare. Ciò non è mai scontato: è una provocazione di ogni giorno, una sfida, perché la memoria di Cristo non è un fatto che si possa decidere o imporsi, ma un dono che continuamente richiede la nostra libertà. E i casi sono due: o la mette in moto verso Dio o diventa formalismo vuoto.

Fin da ragazzo sono stato educato a pregare con i Salmi, la vera scuola per riconoscere che tutto è dentro il rapporto con Dio, che Dio si interessa di noi anche quando vogliamo presuntuosamente fare di testa nostra. L’esperienza cristiana, educata alla preghiera in Gioventù studentesca, mi ha insegnato a vivere la liturgia come accoglienza di quel rapporto e di quel dono che cambiano, a poco a poco, il modo di agire, di pensare, di guardare, di sentire ogni cosa. Immersi nella preghiera si impara ad amare la liturgia, che è la forma suprema con cui Cristo stesso prega e si offre continuamente a noi.

Un altro punto privilegiato di preghiera nella mia vita è l’amore al canto. Cantare bene è un’educazione a mantenere viva e desta la percezione del Mistero. In parrocchia, oltre ad un bel coro polifonico, abbiamo proposto una piccola scuola settimanale di canto che coinvolge le persone presenti alle celebrazioni feriali: normalmente una ventina di signore anziane che, in maniera veramente commovente, imparano il gregoriano o i canti della tradizione che erano stati dimenticati dopo gli anni Settanta. 

Dentro questo cammino di educazione continua alla preghiera sono decisivi il silenzio e l’adorazione. Anche se costituiscono la cosa più desiderata, non sono sempre facili da vivere, perché siamo tentati continuamente di farci distrarre da ciò che sembra più urgente nella vita parrocchiale (o comunque nella vita quotidiana di ogni adulto). Tutto tende ad apparire più decisivo della preghiera, del silenzio, dell’adorazione. Trovare lo spazio e il tempo diventerebbe allora un’impresa ardua, se non nascesse da una gratitudine presente nel mistero della propria vita e della propria vocazione. E così anche l’inevitabile stanchezza e la distrazione non affaticano, perché diventano la possibilità per essere ricondotti a vivere la propria umanità come domanda di misericordia e di stupore per la bontà di Dio.

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