Scuola, a chi non piace la trasparenza?

Un potenziamento del sistema formativo richiede, insieme alla crescita dell'autonomia, anche l'esistenza di un affidabile sistema di valutazione esterna

La valutazione esterna della scuola, non solo attraverso le prove standardizzate sugli apprendimenti, ha avuto e ha in Italia un percorso non semplice e a volte discontinuo. Non sono mancate le critiche e i confronti, tutti comprensibili, anche se non sempre condivisibili.

Molto spesso il campo si è diviso tra coloro che sostengono la necessità di una valutazione esterna i cui risultati siano resi pubblici più o meno a tutti e chi, invece, ritiene la valutazione esterna non opportuna oppure che, quantomeno, i risultati debbano rimanere esclusivamente all’interno di ciascuna scuola. Queste due posizioni sono sovente rappresentate come i due estremi di un segmento, tra i quali è possibile individuare un continuum in cui si collocano soluzioni intermedie più o meno vicine a una delle soluzioni estreme.

A valle dell’esperienza di questi anni di valutazione esterna in Italia – ma lo stesso lo si potrebbe dire anche per altri sistemi scolastici -, forse l’immagine del segmento non è la più appropriata. Probabilmente sarebbe più opportuno parlare di una sorta di cerchio in cui i due estremi, i due approcci opposti, nei fatti quasi coincidono o sono comunque molto vicini. Questo perché, a ben vedere, il loro esito – massima diffusione degli esiti o assenza di valutazione esterna nota al di fuori di ciascuna scuola – è sostanzialmente il medesimo.

Se non si dispone di una valutazione esterna della scuola, o se essa rimane totalmente interna a ciascuna istituzione scolastica, resta inevasa la richiesta comprensibile e legittima delle famiglie di poter assumere decisioni ponderate sulla scelta della scuola per i loro figli. Per non parlare dell’impossibilità per il sistema scolastico di intervenire a supporto delle situazioni di maggiore difficoltà. In Italia, come in tutti i Paesi avanzati, chi sostiene l’inutilità della valutazione esterna non tiene conto che così facendo favorisce nei fatti una scelta della scuola attraverso canali informativi impliciti, noti quasi sempre solo a coloro che godono di un vantaggio derivante dalla propria condizione sociale. Non è forse anche questa una forma di school choice, ancora più insidiosa poiché avviene su parametri non trasparenti e accessibili a tutti? In pratica, si riduce la scelta scolastica ai processi che portano a indirizzare le scelte degli studenti e delle famiglie sulla base di indicatori che privilegiano le scuole con esiti più elevati, senza tenere conto di altri elementi, per esempio il miglioramento nel rendimento degli studenti rispetto al livello iniziale.

Ma anche rendere disponibili e accessibili a tutti le informazioni derivanti dalla valutazione esterna della scuola senza alcun filtro determina dei problemi e degli effetti indesiderabili. Pensare alla scuola come a un quasi-mercato si è dimostrato, nei paesi dove ciò è avvenuto, causa di maggiori problemi rispetto a quelli che si intendevano risolvere, ossia evitare che la scuola fosse autoreferenziale e priva di stimoli atti a ridurre, se non eliminare, sacche di inefficienza e di inefficacia.

Ma allora qual è la strada, quale potrebbe essere la via d’uscita? È certamente molto difficile trovare un equilibrio che non sia un compromesso al ribasso. Disattendere la richiesta del sistema di disporre di maggiori informazioni significa lasciare al libero e incontrollato confronto delle forze in campo il compito di cercarsele come riesce e per chi ci riesce.

Probabilmente la strada più convincente è quella di riconoscere che nella società di oggi è impensabile non consentire ai soggetti interessati di disporre di un certo numero di informazioni. Ma quali informazioni? Certamente quelle sugli aspetti essenziali circa il funzionamento della scuola (composizione delle classi, tassi di promozione, tassi abbandono, il valore aggiunto di scuola, successo formativo e lavorativo dei diplomati, offerta formativa, politiche sull’inclusione eccetera) e quelle su alcuni elementi fondamentali sugli apprendimenti di base (valutazione di scuola, valutazione standardizzata, eccetera). Le comparazioni sono necessarie; l’importante è che esse vengano proposte in maniera adeguata, sulla base di parametri di raffronto chiaramente esplicitati. Ancora una volta, se il sistema non prevede delle soluzioni, ma solo chiusura rispetto all’esterno, allora il pubblico cercherà altrove quelle informazioni, con il rischio che esse siano fornite in maniera inadeguata, anche se semplici da leggere e da usare, come in alcune delle varie “classifiche” di scuole e corsi di studio universitari.

La valutazione esterna delle scuole è una risorsa per tutto il sistema, a condizione che essa sia credibile, comprensibile e appropriata. Questo traguardo lo si realizza mediante la trasparenza, l’assunzione di responsabilità che si concretizza nella scelta degli strumenti più adeguati, senza cedere a facili semplificazioni. Il disegno della valutazione della scuola deve essere condiviso nelle sedi più appropriate, ma non si può prescindere dai contenuti tecnico-scientifici, spesso complessi, che sono il vero presidio di uso appropriato e democratico degli strumenti stessi della valutazione.

La pandemia ci ha reso ancora più chiaro che la valutazione esterna delle scuole, in una proficua e fruttuosa connessione con quella interna, è un diritto di tutti e di ciascuno, ancora prima che un dovere. Assicurarsi che tutti raggiungano adeguati livelli di competenze di base non serve a fare graduatorie, ma a garantire una vera inclusione, concreta e agita, che non lasci fuori larghe quote di giovani o, ancora peggio, che non sia solo un’inclusione nelle intenzioni, per quanto nobilissime e condivisibili, ma soprattutto nei risultati e negli effetti.

La sfida non è semplice, anzi è impegnativa, ma è certamente possibile. Essa passa attraverso un’azione di concretezza e di rispetto verso la collettività, che ha diritto di conoscere gli esiti di uno degli ambiti più importanti per un Paese, ossia la sua capacità di formare persone in grado di esercitare con pienezza e autonomia i diritti e i doveri di cittadinanza. È un obiettivo alto, che non si può raggiungere senza uno sforzo corale. Questo richiede non sterili discussioni, ma un’alleanza forte e sinergica fra tutti i soggetti in campo che costituiscono la comunità scolastica e che partecipano a vario titolo al suo funzionamento.

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