Acerra, bambina sbranata da pitbull: nuovo sopralluogo/ Il medico dell'ospedale: "Era già morta da 30 minuti"
NUOVO SOPRALLUOGO NELLA CASA DELLA BAMBINA SBRANATA DA PITBULL
Gli inquirenti sono tornati nella casa di Acerra dove Giulia Loffredo è stata sbranata dal pitbull di famiglia mentre dormiva sul letto dei genitori insieme al padre, risultato positivo alla cannabis e indagato, oltre che omessa custodia e vigilanza del cane, anche per omicidio colposo. Sono stati eseguiti nuovi rilievi nell’abitazione, ai quali ha presenziato l’avvocato Luigi Montano, che assiste il papà della bambina di 9 mesi, Vincenzo Loffredo.
L’obiettivo degli inquirenti è ricostruire cos’è successo, soprattutto nel lasso di tempo durante il quale l’uomo dormiva, ma anche fare chiarezza su molteplici aspetti che destano dubbi. Il papà della piccola Giulia aveva inizialmente riferito che la figlia era stata azzannata da un cane randagio, poi è emerso che si trattava del pitbull di famiglia, precisando che non si era reso conto dell’aggressione alla bambina.
Altri particolari emergono dal racconto fatto dal medico che ha soccorso la bambina, il dottor Emanuele Ceo, colui che ha preso Giulia dalle braccia del padre. A Il Mattino ha fatto sapere che la bambina era morta da almeno mezz’ora e il viso era “massacrato dai morsi del pitbull“.
ACERRA, PARLA IL MEDICO CHE L’HA SOCCORSA
Il medico di Acerra preferisce non sbilanciarsi sulle cause della morte, lasciando tale compito al medico legale, ma comunque la sua idea che avesse il collo rotto ha trovato riscontro, così come quella dei morsi. Sulla dinamica precisa dell’accaduto sta indagando la polizia, ma ritiene plausibile quella della testa afferrata tra le fauci del pitbull e sballottollata fino a spezzarle il collo.
Comunque, il dottor Emanuele Ceo ha spiegato a Il Mattino che la bambina era arrivata al pronto soccorso in arresto cardiaco e con il volto “abbastanza rovinato dai morsi“, quindi hanno provato comunque a rianimarla e a fare tutto il possibile in quei frangenti, ma la bambina era arrivata “già con la noce del collo rotta“.
Neppure lui sa spiegarsi come è riuscito a mantenere il sangue freddo di fronte all’immagine del volto sfigurato della bambina, comunque ha ribadito che la bambina era da almeno mezz’ora, facendo riferimento alle “marezzature” (strisce rossastre), segni clinici che evidenziano che il soggetto è da tempo in arresto cardiaco, e probabilmente anche più, in arresto cardiaco.
