Siti porno under 18 vietati: dal 2025 servirà verificare la maggiore età. Agcom: "Proteggiamo i minori" ma polemiche su privacy ed efficacia della misura

Dal 18 aprile 2025, accedere a siti porno in Italia richiederà più di un semplice click: l’Agcom ha difatti approvato regole stringenti per impedire ai minori di entrare in contatto con contenuti espliciti per le quali servirà dimostrare di essere maggiorenni attraverso sistemi come Spid, App Io o portafogli digitali certificati.



Una rivoluzione dettata dal decreto Caivano (legge 159/2023), finalizzato alla tutela e alla protezione dei minori: “Non è una censura, ma un filtro necessario”, spiega un portavoce dell’Autorità, volendo rimarcare il “doppio anonimato” garantito per cui le piattaforme non sapranno chi sei, né i verificatori sapranno cosa guardi.



Ma molti utenti rimangono scettici all’idea di collegare l’identità digitale a un’attività intima; il meccanismo – definito dopo una consultazione con 13 stakeholder e il via libera del Garante della Privacy – impone a siti porno e piattaforme di adeguarsi entro sei mesi.

Terzi indipendenti certificheranno l’età, usando un doppio passaggio tra identificazione e autenticazione ai siti porno; rimangono però le perplessità sull’efficacia della misura, basti pensare alle VPN, ai mirror site o alla possibilità di usare account genitori.

Ma per la legislazione appare un passo obbligato per adeguarsi agli standard europei: dal Regno Unito alla Germania, si sperimentano sistemi simili sui siti porno, tra critiche e tentativi falliti e l’Italia vuole scommettere sull’equilibrio tra privacy e controllo, ma il rischio di escludere chi non ha competenze digitali – anziani o classi meno abbienti – è dietro l’angolo .



Siti porno e minori: la sfida di conciliare privacy e protezione

L’obiettivo dell’Agcom – in sintesi – è evitare che un dodicenne si imbatta in siti porno mentre è alla ricerca di cartoni animati, ma il tema va ben oltre: fino a che punto lo Stato può limitare l’accesso a contenuti legali per tutelare i minori? Sociologi ricordano il paradosso: mentre si alzano muri digitali, il 68% degli under 14 (dati Eurispes 2024) ha già visto materiale esplicito, spesso tramite social o chat.

Inoltre, la legge sembra ignorare un dato abbastanza chiaro: il 42% dei teenager italiani (ricerca Save the Children) riceve prime informazioni sulla sessualità proprio dal web, spesso distorte e – in questo contesto – le associazioni di categoria temono anche il possibile impatto economico per cui piccole piattaforme potrebbero chiudere per i costi di adeguamento, lasciando il monopolio ai colossi dei siti porno.

C’è anche chi ha paura un effetto Streisand per cui rendere i siti porno “proibiti” potrebbe aumentarne il fascino tra gli adolescenti; la sfida, insomma, è culturale oltre che tecnica e come ci insegnano le leggi americane degli anni ’90 – spesso eluse con proxy – senza educazione digitale e dialogo in famiglia, ogni barriera rischia di essere un castello di sabbia.