Dopo 300 giorni il Venezuela ha rotto il silenzio su Alberto Trentini: il ministro degli Esteri Gil conferma che il cooperante ha nominato un avvocato

Dopo 300 – estenuanti e lunghissimi – giorni di completo silenzio, per la prima volta in un’occasione pubblica il Venezuela ha parlato della detenzione del cooperante italiano Alberto Trentini che dallo scorso 15 novembre si è “perso” nel dedalo delle prigioni politiche di Caracas con accuse che – ad ora – appaiono del tutto strumentali: un silenzio rotto dal ministro degli Esteri di Caracas Yván Gil con parole che, però, appaiono nuovamente strumentali; pur aprendo un minimo barlume di speranza.



Partendo proprio da qui, in un’intervista recentemente rilasciata alla CNN, Gil ha confermato di essere “bene” a conoscenza del caso relativo ad Alberto Trentini, confermando – pur senza reali prove al di là delle sue parole – che “i suoi diritti umani sono rispettati“: parole, appunto, che non lasciano trasparire nulla di particolare, ma che diventano interessanti nella parte in cui il ministro degli Esteri del Venezuela conferma che Alberto Trentini “ha un avvocato” che lo assiste.



Secondo Gil, in ogni caso, il caso di Alberto Trentini resta del tutto aperto visto che a suo carico ci sarebbe “un’azione legale” che deve ancora aprirsi e che dovrà essere “rispettato” in ogni sua parte, lasciandosi scappare – peraltro – che non si tratta dell’unico straniero incarcerato da Caracas, molti del quali accusati di “traffico di droga”: insomma, parole (verrebbe da dire) che lasciano il tempo che trovano, ma che rappresentano la prima volta in cui un rappresentate governativo parla pubblicamente di Alberto Trentini da 300 giorni a questa parte.



Il complesso caso di Alberto Trentini: cosa succede al cooperante e di cosa è accusato dal Venezuela

Insomma, il caso di Alberto Trentini resta ancora completamente aperto e in divenire con il sistema giustizia di Caracas che storicamente non ha mai brillato né per rapidità, né per imparzialità: su molti dei carcerati stranieri, infatti, pendono accuse il più delle volte strumentali (ed è questo il caso) e finiscono per essere pedine politiche nelle mani del regime di Maduro, utili per mediare accordi e scambi di prigionieri con i paesi stranieri; spesso dopo anni di (ingiusta) detenzione.

Ciotti, Ballerini, Armanda Trentini, Paola e Claudio Regeni con uno striscione per la liberazione di Alberto Trentini (Foto 2025 ANSA/FABIO FRUSTACI)

Il caso di Alberto Trentini – d’altra parte – resta piuttosto misterioso e intricato: il cooperate, infatti, fu arrestato nel novembre dello scorso anno durante un controllo a un posto di blocco e si dovettero attendere 180 giorni per avere informazioni sul suo conto, quando gli fu concesso di effettuare una brevissima telefonata alla sua famiglia (a luglio ce n’è stata una seconda, sempre brevissima); mentre seppur contro di lui non siano mai stati formulati capi d’imputazione formali, sembra che la sua accusa sia di terrorismo.