Perché il Tribunale dei Ministri ha archiviato la Premier Meloni e non i suoi Ministri: gli scenari sul caso Almasri e lo scontro tra Anm e Nordio
LE MOTIVAZIONI (SOMMARIE) DELL’ARCHIVIAZIONE DELLA PREMIER MELONI SUL CASO ALMASRI
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non le ha mandate a dire ieri sera nell’apprendere l’archiviazione della sua sola posizione sul caso Almasri, aprendo una nuova fase di tensione tra parte della magistratura e il Governo. Nel frattempo però sono emerse le prime, sommarie, motivazioni iscritte nell’ordine di archiviazione del Tribunale dei Ministri avviato sulla Premier e leader FdI: citate oggi da agenzie e quotidiani nazionali, le carte parlano per Meloni di elementi indiziari «non gravi» e che non vi è prova che la Presidente sia stata informata preventivamente dell’evoluzione del caso legato all’ex capo della polizia libica di Tripoli.
Manca in sostanza la «previsione di condanna», si legge nell’ordinanza del Tribunale che ha valutato in questi mesi il caso Almasri dopo la denuncia dell’avvocato Li Goi ad inizio 2025: sempre i giudici ritengono che sulle informazioni date dal prefetto Caravelli in merito all’arresto di Almasri, si evince un quadro in cui non compaiono dettagli effettivi sulla «portata, natura, entità e finalità dell’informazione» sull’intera vicenda presso la Presidente del Consiglio.
Di contro invece, sui Ministri Nordio (Giustizia), PIantedosi (Interno) e sottosegretario Mantovano restano quadri indiziari che possono essere oggetto di eventuale rinvio a giudizio: sebbene al momento il Presidente della Giunta delle autorizzazioni alla Camera (Devis Dori) abbia spiegato all’Adnkronos che nessuna carta sul dossier Almasri è giunta dal Tribunale dei Ministri, l’impressione è che nelle prossime ore/giorni vi sarà un’evoluzione in tal senso con la convocazione dopo l’estate della discussione in Aula per il voto sull’eventuale rinvio a processo.
“GIORGIA NON È ALICE” E ALTRA BUFERA TRA TOGHE E GOVERNO
«Non sono Alice nel Paese delle Meraviglie»: in maniera piuttosto chiara ieri la Presidente Meloni ha risposto a tono a quanto emerso dalla decisione del Tribunale dei Ministri, che l’ha sì archiviata ma che ha mantenuto l’indagine aperta su Nordio, Piantedosi e Mantovano per l’arresto, liberazione e rimpatrio forzato del torturatore libico Almasri.
Se nelle prossime ore avverrà quanto previsto dalla Premier – ovvero che i due Ministri e il sottosegretario di Palazzo Chigi si vedranno consegnare l’autorizzazione a procedere verso il Parlamento – ecco che si sarebbe declinato un criterio alquanto anomalo: «Si sostiene pertanto che due autorevoli ministri e il sottosegretario da me delegato all’intelligence abbiano agito su una vicenda così seria senza aver condiviso con me le decisioni assunte».
La tesi considerata completamente assurda dalla Premier Meloni è un segnale di qualcosa che non funziona ulteriormente nel mondo della giustizia: pur davanti alla conferma che il Governo ha agito di comune accordo sull’intera vicenda Almasri, si va verso una differenziazione delle posizioni dei 4 indagati.
Sebbene non vi sia una particolare preoccupazione sull’esito dell’eventuale voto sull’autorizzazione al processo per Nordio, Piantedosi e Mantovano – in quanto i numeri alla Camera e al Senato sono decisamente a favore del Governo – resta ferma l’ennesima tensione sull’asse toghe-Centrodestra, sia nel merito della vicenda Almasri che sulle dichiarazioni del n.1 Anm contro il Governo e, in questo caso anche contro l’ufficio di gabinetto del Ministero della Giustizia.
L’ANM ATTACCA, NORDIO REPLICA
Intervistato stamane a Radio Anch’io, il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Cesare Parodi ha evocato possibili «ricadute politiche» sul processo che riguardasse eventualmente la capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi. Immediata la contro replica del Guardasigilli che si scaglia contro Parodi definendolo, «fino ad oggi un giudice equilibrato».
Il comportamento del Presidente Anm non viene compreso dal Ministro che si dice invece «sconcertato» dell’invasione di campo sulla vicenda, tra l’altro «citando la mia capo di gabinetto il cui nome non è citato negli atti». Se invece così non fosse, avanza Nordio, vorrebbe dire che Parodi «è a conoscenza di notizie riservate»: da ultimo, per il titolare della Giustizia, sul fronte politico la dichiarazione del presidente Anm è «una impropria ed inaccettabile invasione di prerogative istituzionali».