Il libro “After The Annex: Anne Frank, Auschwitz and Beyond”, dello scrittore Bas von Benda-Beckmann, svela cosa accadde ad Anna Frank dopo la deportazione, ovvero dopo la fine della storia raccontata nel famoso Diario, attraverso testimonianze di superstiti. L’ebrea e la sua famiglia, come riporta il Daily Mail, dopo avere trascorso due anni nel loro nascondiglio di Amsterdam, furono trovati e trasportati nei campi di concentramento. In molti, a quei tempi, avevano creduto che fossero scappati in Svizzera, come scritto loro da un biglietto per sviare i controlli, ma la verità fu molto diversa.
Per meno di un mese Anna e la sua famiglia rimase nel campo di transito di Westerbork, insieme. Lì poterono trascorrere gli ultimi attimi di felicità insieme. Il 3 settembre 1944, infatti, i Frank, catalogati come “criminale” per essersi nascosti dai nazisti, furono caricati in un carro per il bestiame per essere deportati ad Auschwitz, in Polonia. Sapevano cosa li attendeva. Durante il viaggio Edith, la mamma, cercò di lavare via l’etichetta, sperando ci fosse un trattamento migliore per i “prigionieri semplici”. Ma non era così. “Le persone si erano trasformate in animali, ammassate insieme. Non potevano alzarsi e non potevano nemmeno sedersi”, ha raccontato Lenie de Jong-van Naarden, che era con loro. “Dopo tre giorni arrivammo. Tutti sono caduti fuori insieme: i morti, i malati, i bambini”. È qui che furono separati gli uomini dalle donne.
Anna Frank, svelata storia dopo deportazione: l’agonia nel campo di concentramento e la morte
Anna Frank, la madre Edith e la sorella Margot, che poterono rimanere insieme, sono ricordate dai sopravvissuti come un “trio inseparabile”. Condividevano la loro cuccetta con altre sei donne. La scrittrice del famoso Diario non si arrese mai a quell’incubo. “È stata lei a guardare ciò che le accadeva intorno fino alla fine. Noi altre non lo vedevamo quasi più. Ma lei non poteva proteggersi da tutto quel male, piangeva”, ha ricordato Rosa de Winter-Levy. Il 30 ottobre, al controllo medico, tutte e tre riuscirono a sfuggire alla camera a gas. La madre, tuttavia, due mesi dopo si sarebbe ammalata e sarebbe morta a 44 anni nell’infermeria del campo.
Anna e Margot, invece, furono trasferite nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, nella bassa Sassonia. Lì incontrò l’infermiera Hanneli Goslar, nota per essere stata sua amica, che era detenuta in un’area in cui arrivavano quantomeno i pacchi della Croce Rossa. “Era nuda e piena di pidocchi”, ha ricordato quest’ultima sulla olandese. “La sera dopo tornai al filo spinato dove ci vedevamo e le lanciai del cibo e dei calzini donati da altri prigionieri. Un’altra donna però lo raccolse, lei si infuriò. Le promisi che lo avremmo rifatto e al terzo tentativo lo prese”. Col passare del tempo le razioni di cibo diventarono tuttavia sempre più scarse. Alla fine, a gennaio del 1945, le due sorelle si ammalarono di tifo. “La prima ad andarsene fu Margot, cadde dalla cuccetta. È in quel momento che anche Anna smise di lottare, morì il giorno dopo”, hanno raccontate alcune sopravvissute.