La città di Eduardo si innamora di Maradona. Perché Maradona era un miracolo. Il cinismo falso realismo era stato temporaneamente scacciato dalla presenza di Diego, che tutto rendeva possibile con quel sorriso ricciuto e gli occhi pieni di luce, che tutto rendeva reale. Noi da bambini siamo cresciuti in questo clima e solo dopo, quando ci siamo svegliati adulti, abbiamo capito che quegli anni non erano normali. Il Vesuvio, temuto gigante e vegliardo, sorrideva dall’alto incredulo come il padre quando scorge una nuova tonalità nel timbro vocale del figlio, quando la domenica un boato più potente e viscerale delle sue pliniane esplosioni scuoteva la città. Non dalla sua bocca ma dalla bocca del suo popolo scoppiava un fragore vulcanico, una voce da secoli soffocata o tristemente educata al bel canto che adesso poteva urlare al mondo la fierezza di appartenere a Napoli.
Maradona ha dato voce a Napoli.
No, quegli anni non erano normali e noi non lo sapevamo. Quando giocavamo si litigava per chi dovesse essere Maradona. Sono io Maradona, tu fai Careca o Alemao. Nei campetti sulle nostre schiene si leggeva un solo numero. Il numero caro ai pitagorici. Il numero 10. A scuola si additava chi avesse avuto in sorte, quasi in segno d’elezione, la figurina di Maradona. Una figurina che ne valeva 100. Come vincere la lotteria o fare tombola. Quella tombola che il cantautore parigino Manu Chao paragona alla vita. La vita è come una tombola per chi gioca. E Maradona giocava con i piedi il più bel calcio che abbiamo mai visto. Non un mestiere ma un gioco. E sappiamo che crea chi gioca, gioca chi crea.
Quegli anni non erano normali, quando un popolo cantava alla mamma che il suo cuore batteva perché aveva visto Maradona (che è meglio di Pelé!). Quando riusciva una prodezza calcistica si diceva: ma chi è, Maradona? Per la città circolava un entusiasmo gioioso. Allo stadio ci andava chiunque, il parcheggiatore abusivo e il professionista, intonavano tutti le stesse canzoni, che si riversavano nelle piazze, nei vicoli e nelle case di una città in festa.
Non erano anni normali e adesso lo so e ne ho avuto ancora una volta la certezza quando davanti all’inattesa notizia della morte di Diego Armando Maradona mi sono ritrovato a piangere come un bambino. Ma questo è normale.
Erri De Luca in Napolide coglie un aspetto della grandezza di Maradona nello spreco. Dice che “senza una quota di spreco non si dà grandezza”. Lo stesso Maradona nell’intervista a Emir Kusturica dice “sai che giocatore sarei stato senza la cocaina?”. Il genio non calcola i risultati, il genio si distingue proprio per questo. Il genio è vitalità. Grazia. Slancio creativo di bellezza. E di fronte alla bellezza dimentichiamo la nostra quotidiana esistenza e il ricordo di tutto ciò che abbiamo amato rimane.
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