Armenia e Azerbaijan hanno fatto pace grazie all’intervento di Trump. Ora operano gli interessi (anche turchi) per un corridoio commerciale Asia-Europa
Trump fa da paciere tra Armenia e Azerbaijan. E spiana la strada verso l’utilizzo del corridoio di Zangezur, da sempre conteso tra armeni e azeri, come parte di un corridoio più ampio che mette in comunicazione Asia ed Europa e che potrebbe costituire una valida alternativa per le merci che passano dal Mar Nero e dal canale di Suez.
Gli americani, però, osserva Valeria Giannotta, direttore scientifico dell’Osservatorio Turchia del CeSPI, sempre più legati ai turchi non solo nella regione mediorientale ma anche nell’Asia centrale, devono stare attenti a non calpestare gli interessi dei russi e non devono perdere d’occhio la Cina, con la quale l’Azerbaijan ha buonissimi rapporti. L’area, insomma, ha equilibri fragili, che forse anche un corridoio commerciale potrebbe contribuire a rafforzare.
Armenia e Azerbaijan sembrano avere imboccato la strada della pace: come si è arrivati a un accordo e quali conseguenze avrà?
Ad agosto di quest’anno l’America si è inserita nelle negoziazioni in corso fra Armenia e Azerbaijan intavolate dopo la guerra del Nagorno Karabakh, fino a firmare un accordo a Washington, presenti Trump, il presidente azero Aliyev e il primo ministro armeno Pashinyan. È stato avviato una specie di meccanismo tripartitico, in cui l’America fa un po’ da ponte, da sponda e da garante. Sono state cancellate le restrizioni da parte americana che gravavano sull’Azerbaijan e il passaggio delle merci cargo tra i territori armeni e azeri è stato liberalizzato. Anche dal punto di vista politico il dialogo non avviene più in zone neutre: l’ultimo incontro, infatti, si è tenuto in Armenia.
Si sta lavorando ancora sull’accordo?
Tra America e Azerbaijan si sono costituiti dei gruppi di lavoro che si incontrano a scadenza regolare e si danno come deadline un periodo di sei mesi: tendono a regolare materie cruciali come possono essere l’energia e i trasporti. Ad oggi il processo di pace sembra proseguire in un nuovo clima, molto più positivo. La vera questione pendente ora è quella della riforma costituzionale da parte dell’Armenia, per cui si andrà a referendum nel 2026, in cui si riconosce il Nagorno Karabakh come azero.
Una delle questioni aperte fra i due Stati è quella del corridoio di Zangezur nella zona dell’enclave armena del Nakhchivan, che si trova tra Azerbaijan e Turchia. Su questo gli americani stanno trattando con gli armeni con l’impegno di tenere informati gli azeri. Perché questo corridoio è così importante?

A parte i malumori da parte armena per la denominazione del corridoio (Zangezur) perché è un nome tendenzialmente azero, si tratta di un passaggio funzionale a tutta la linea logistica Est-Ovest, cruciale anche per la Turchia, l’Europa e gli Stati Uniti. Siamo in un contesto in cui l’Azerbaijan è riconosciuto come attore chiave nella regione: è negoziatore tra Israele e Siria e punto di riferimento per USA ed Europa, non solo per quanto riguarda la questione energetica, ma soprattutto come attore di stabilizzazione. D’altra parte, è forse l’unico Paese del Mediterraneo allargato che non è circondato da sacche di tensione.
Ma i rapporti tra Armenia e Azerbaijan sono davvero cambiati?
Gli azeri hanno appena organizzato a Vienna la conferenza sugli studi dell’Azerbaijan alla quale per la prima volta c’erano anche esponenti armeni, studiosi e giornalisti: è la cartina al tornasole del cambio di approccio.
Quali sono i piani per il corridoio di Zangezur?
È parte importante del Middle Corridor, che passa dal Nakhchivan, si unisce alla Turchia e arriva in Azerbaijan e Asia centrale ed è un corridoio multimodale, con autostrade, porti e ferrovie per connettere tutti i Paesi dell’Asia centrale con l’Europa. Una via commerciale sulla quale, tenendo conto dei conflitti in corso, si sta investendo come alternativa al Mar Nero e al canale di Suez. Già ora in questa zona ci sono opere che sono un punto di riferimento: la linea ferroviaria tra Azerbaijan, Turchia e Georgia e a livello energetico il Southern Corridor, che passa sempre da Azerbaijan e Turchia. Il progetto del Middle Corridor, però, riguarda tanti Paesi: bisognerà uniformare gli investimenti nelle infrastrutture.
Questo progetto conferma l’asse Turchia-USA nel Medio Oriente? E la Russia, tradizionale alleato dell’Armenia, che ruolo ha: passa in secondo piano?
L’asse Turchia-USA si conferma anche con il nuovo asse tra Azerbaijan e Stati Uniti. La Turchia è unita storicamente all’Azerbaijan, tanto è vero che si definiscono una nazione con due Stati diversi. La Russia potrebbe costituire un problema se, vedendo che perde margini di influenza, non le viene dato nulla in cambio. Bisogna cercare di non contrariarla, soprattutto in relazione a quella fascia di Paesi come Uzbekistan, Kazakistan, Tajikistan, che gravitavano sotto l’Unione Sovietica.
Tra russi e americani, però, in questo momento sembrano esserci buoni rapporti: Washington ne terrà conto anche nella gestione del dossier Armenia-Azerbaijan?
Credo di sì. Se leggiamo il nuovo rapporto sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti vediamo che la Russia non è più considerata un nemico. Il grande problema di Mosca è lo stesso che per certi versi ha portato al conflitto con l’Ucraina: non vuole noie in quelle che considera le proprie sfere di influenza. Insomma, siamo in uno scacchiere in cui l’equilibrio di potere deve essere mantenuto il più possibile. In questo contesto, comunque, c’è da tenere conto anche della Cina, con la quale l’Azerbaijan ha rapporti ottimi. Ci sono delle convergenze ma anche degli equilibri molto fragili. Penso, tuttavia, che la Russia non abbia interesse a rovinare i piani degli altri se gli altri non rovinano i suoi.
(Paolo Rossetti)
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