Se l’imprevedibile dovesse accadere, essere preparati significa giocare d’anticipo sulla paura.

Niente panico. Nessun missile in volo, nessuna minaccia concreta sull’Italia. Ma riflettere oggi su cosa fare in caso di attacco nucleare è prudenza, perché l’atomica esiste e su questo non ci sono dubbi. Trovarsi preparati ad un eventuale attacco nucleare vuol dire avere in mano uno strumento di consapevolezza importante. Viene fatto lo stesso per i terremoti e gli tsunami: perché non affrontare anche l’argomento spinoso “nucleare’?



Sapere come muoversi in una determinata circostanza può fare la differenza tra la vita e la morte, anche se tutti scongiuriamo quest’eventualità che sebbene sia remota, non è del tutto impossibile nel mondo contemporaneo. Le ultime tensioni internazionali che stanno riscrivendo nuovi equilibri geopolitici, hanno riportato l’attenzione sul fatto che in molti Paesi esiste un arsenale atomico. La domanda non è banale: e se succede? Se avviene un esplosione? Secondo le indicazioni da parte di enti autorevoli sono queste le cose da fare subito dopo. 



I tre nemici invisibili: esplosione, fallout, radiazioni

Nel caso di un attacco nucleare, i pericoli da affrontare non si limitano alla devastazione dell’onda d’urto iniziale. Esistono tre minacce principali: l’esplosione vera e propria, il fallout radioattivo e la contaminazione da radiazioni residue.

I tre nemici invisibili dopo un attacco nucleare – ilsussidiario

L’esplosione può avere effetti devastanti anche a chilometri di distanza, ma l’intensità e la portata variano moltissimo in base alla potenza dell’ordigno. Una bomba da 15 kilotoni, come quella sganciata su Hiroshima, ha un raggio d’azione molto inferiore rispetto a un ordigno da decine di megatoni, come la cosiddetta “bomba Zar”.



Il fallout, invece, è un pericolo subdolo: si tratta di minuscole particelle radioattive che si diffondono nell’atmosfera e ricadono lentamente al suolo, contaminando tutto ciò che toccano. Questa pioggia invisibile può iniziare entro mezz’ora e continuare per giorni. Infine, le radiazioni persistono sugli oggetti, nei vestiti, nei muri: per questo la schermatura e il tempo di esposizione diventano fattori determinanti. Per aumentare le probabilità di sopravvivenza è necessario seguire tre regole fondamentali: aumentare la distanza dall’epicentro, trovare una schermatura adeguata e ridurre il tempo di esposizione. Essere già pronti fa la differenza: un piano familiare, un kit di emergenza e la conoscenza dei rifugi più vicini sono passi essenziali da compiere in tempo di pace.

Se arriva l’allarme, bisogna trovare riparo in luoghi sottoterra o in edifici solidi, preferibilmente al centro di piani intermedi, lontano da finestre. I muri in cemento o mattoni offrono la miglior protezione. Chi è all’aperto deve evitare di guardare il bagliore dell’esplosione, cercare riparo dietro qualsiasi ostacolo e coprirsi naso e bocca. Dopo l’esplosione, è fondamentale restare al chiuso almeno per 48 ore. I vestiti contaminati vanno eliminati, e il corpo lavato con delicatezza. Chi è isolato dovrebbe sapere che dopo 14 giorni le radiazioni scendono drasticamente: se non arriva nessuno, si può valutare l’evacuazione solo allora.