Si sono ridotte del 35% le richieste di accesso al bonus casa: nei primi due mesi del 2025 sono stati investiti solamente 3,25 miliardi di euro

Sembra ridursi sempre di più il ricorso ai bonus casa utili ai cittadini che intendono ristrutturare la propria abitazione e il 2025 è il primo vero e proprio anno in cui non esiste più (almeno normativamente) l’ingombrante peso del Superbonus a falsare i conti, fermo restando che la scia del bonus pentastellato non si è ancora del tutto arrestata, dato che alcuni cantieri restano ancora aperti e altri sono – addirittura – in attesa dell’avvio; nel frattempo, comunque, Il Sole 24 Ore ha stimato l’attuale impatto dei bonus casa nell’economia reale, prendendo in esame il Bollettino delle entrate tributarie e i bonifici ‘parlanti’ depositati dalle banche.



Partendo proprio da qui, è interessante notare che nei primi due mesi del 2025 (dato che i dati sono disponibili solamente fino al mese di febbraio) i bonus casa sono stati impiegati per ristrutturazioni dal valore di 3,25 miliardi di euro: si tratta di un valore inferiore del 35% rispetto a quello relativo ai primi due mesi del 2024 – quando furono 4,86 i miliardi investiti dagli italiani – ed escludendo l’era del Superbonus (con il 2022 a 4,16 miliardi e il 2023 con addirittura 5,4 miliardi) dobbiamo tornare addirittura fino al 2019 per trovare un valore simile a quello odierno; con la spesa che quell’anno si attestò a 2,7 miliardi, da adeguare all’inflazione stimata al 30 per cento, arrivando grosso modo a 3,5 miliardi al valore odierno.



Monosilio: “Servono più certezze a medio-lungo termine per il bonus casa”

Insomma, l’effetto deterrente sui bonus casa sembra funzionare piuttosto bene e nessuno si immaginerebbe di rivalutare l’operato dannoso per le tasche dello Stato del Superbonus (almeno, per com’era formulato all’epoca in cui venne introdotto); ma nel frattempo è altrettanto evidente che l’incertezza generale stia rallentando fortemente i lavori di ristrutturazione: attualmente, infatti, è in vigore un bonus casa del 36% che può arrivare fino al 50% se si tratta della prima casa; mentre il prossimo anno le percentuali scenderanno – rispettivamente – al 30 e al 36 per cento.



In direzione di una maggiore chiarezza va proprio l’intervento di Flavio Monosilio – direttore del Centro Studi di Ance – sulle pagine de Il Sole 24 Ore, chiedendo una “politica di medio-lungo periodo” che dia certezze ai contribuenti; mentre, dal canto suo, il direttore Cresme Lorenzo Bollicini ha notato che gli attuali valori “sono peggiori di quelli pre-Covid”, chiedendo un’ampia riflessione “su dove possiamo arrivare” prima di preoccuparci, anche – e forse soprattutto – in virtù dell’attuale crescita dei lavori in nero.