Rilevanti perdite ieri sui principali mercati, Milano compresa. La preoccupazione degli investitori riguarda l'entità dei debiti pubblici

Ieri i principali listini globali, incluso quello di Milano, hanno chiuso in rosso una giornata dominata dalle preoccupazioni sul mercato obbligazionario. Il rendimento delle obbligazioni trentennali inglesi ha toccato il massimo dal 1998 e quello americano dal 2011. Anche i titoli di Stato italiani ed europei ieri hanno sofferto.



Verrebbe da chiedersi come mai, “improvvisamente”, gli investitori abbiamo cominciato a preoccuparsi dei debiti pubblici. Il deficit americano, dopo tutto, è fuori scala dal 2020 nonostante gli anni di crescita economica con la disoccupazione ai minimi.

La tentazione potrebbe essere quella di addossare la colpa a Trump con i suoi tentativi di controllare la Fed. Questa è in realtà una reazione a un problema nato e cresciuto negli ultimi due decenni sotto amministrazioni democratiche e repubblicane.



Gli investitori oggi hanno però deciso che molti governi non solo sono vicini a livelli di debito insostenibili, ma che non c’è una soluzione politica in vista per curare il problema.

Ogni crisi finanziaria degli ultimi due decenni è stata affrontata con lo stesso approccio. Si è attinto dai deficit pubblici per salvare l’economia e i mercati. Ciò ha prodotto negli investitori comportamenti opportunistici mentre si cementava la convinzione che qualsiasi rischio sarebbe stato accollato ai contribuenti sotto la minaccia della tenuta del sistema.

Ha funzionato più o meno tutto, seppur con una crescente disuguaglianza tra chi aveva asset finanziari salvati e chi no, fino a che non è comparsa l’inflazione. Siccome lo scenario è inflattivo, quei debiti diventano insostenibili perché i tassi devono salire.



(Ansa)

I mercati capiscono che i governi rischiano di optare per la soluzione più facile e cioè abbassare artificialmente i tassi e lasciar correre l’inflazione in modo da scaricare sui contribuenti il costo del salvataggio. Con queste premesse è difficile immaginare un grande appetito per obbligazioni statali a lungo termine; gli ultimi episodi di volatilità finanziaria ne sono una prova.

Il problema di oggi però non è economico, ma politico, perché si tratta di decidere chi e come deve pagare il conto delle scelte fatte negli ultimi vent’anni.

Si potrebbe ovviamente scegliere di mettere in atto politiche fiscali più mirate per “colpire” chi ha più beneficiato di quanto accaduto negli ultimi anni. Non sembra però questo lo scenario più probabile. In compenso i governi fanno fatica a risolvere questo problema con i mezzi di sempre. Da qui i cali dei mercati obbligazionari e azionari e la salita dell’oro per chi sceglie di uscire da un sistema che rischia di rompersi.

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