La Guardia di Finanza di Caltanissetta ritrova dopo 33 anni di ricerche le carte dell'inchiesta Borsellino su mafia e appalti pubblici
La Guardia di Finanza di Caltanissetta, ha ritrovato in un magazzino abbandonato alcuni archivi che contenevano le carte dell’inchiesta che Paolo Borsellino stava conducendo sui legami tra mafia e appalti. I documenti che erano ricercati da tempo, risalgono a 33 anni fa ed avevano già ricevuto l’ordine di distruzione da parte del Pm Gioacchino Natoli nel 1992, senza però che questo fosse stato effettivamente compiuto, forse a causa di un problema di tipo tecnico. L’ex magistrato, è stato ascoltato in quanto indagato per favoreggiamento ed accusato di aver firmato il provvedimento per insabbiare le prove che dimostravano i legami tra Cosa Nostra ed il mondo dell’imprenditoria.
Nelle buste infatti, sono contenute le intercettazioni telefoniche che poi dovevano essere usate anche nell’ambito del processo per la strage di via D’Amelio. Natoli nega il coinvolgimento nella vicenda affermando che quella della distruzione e smagnetizzazione delle bobine era una prassi comune da seguire in seguito all’archiviazione avvenuta su richiesta dal Pm Guido Lo Forte. Tuttavia permangono dubbi sul caso specifico perchè la decisione arrivò con una fretta atipica e sospetta, soprattutto perchè la procedura imponeva questo iter velocizzato solamente se in presenza di nuove prove sulle quali lavorare, come stabilì il cosiddetto “metodo Falcone“.
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Ritrovate le carte dell’inchiesta di Paolo Borsellino su mafia e appalti, indagato il Pm che ne ordinò la distruzione nel 92
Le carte di Borsellino nelle quali sono contenute le intercettazioni e dettagli dell’inchiesta su mafia e appalti pubblici, dovevano essere utilizzate come prova nell’ambito del processo per la Strage di Via D’Amelio. Il possibile collegamento tra l’ordine di distruzione e un tentativo di insabbiamento dell’indagine alla quale il giudice stava lavorando, è ora una delle ipotesi al vaglio dei magistrati, che hanno comunque già verificato che nelle buste ci sarebbero le conferme di una collaborazione tra alcuni gruppi imprenditoriali e i clan mafiosi di cosa nostra che operavano nel settore delle costruzioni.
In particolare, come anticipa il quotidiano La Verità, ci sarebbe una telefonata tra il boss Francesco Bonura ed il politico della Dc Ernesto Di Fresco, che era tra i nastri da smagnetizzare subito dopo l’archiviazione. Natoli, l’ex Pm indagato per favoreggiamento, ha dichiarato ieri alla Procura di Caltanissetta, che da quella conversazione, non erano emerse significative notizie di reato, nè tracce rilevanti circa presunti interessamenti da parte della politica per interferire durante il processo a carico del boss, che nel frattempo era indagato per duplice omicidio.