Non solo Rising Star Challenge e non solo partita delle stelle al NBA All Star Game 2017: a New Orleans infatti ha avuto luogo, nella notte italiana tra sabato e domenica, la spettacolare gara delle schiacciate. Spettacolare per modo di dire: il livello infatti non è stato dei migliori, e chi si aspettava esibizioni da ricordare per anni è rimasto piuttosto deluso. Il grande infortunio occorso a Zach LaVine aveva già tolto dal proscenio un sicuro protagonista (il vincitore delle ultime due edizioni); era presente anche Aaron Gordon che aveva fatto emozionare nelle edizioni passate, mentre il centro dei Los Angeles Clippers DeAndre Jordan aveva confidato di essere più in ansia per lo Slam Dunk Contest che per la partita delle stelle di domenica. Sia come sia, la gara delle schiacciate è stata vinta da Glenn Robinson III: figlio di quel Glenn che fu prima scelta assoluta al draft NBA 1994 (qualche mese dopo la nascita del figlio, peraltro), ha frequentato l’università di Michigan con cui ha raggiunto la finale NCAA e poi è stato scelto da Minnesota ma oggi gioca a Indiana, dove si sta rilanciando come giocatore (i primi tre anni sono stati parecchio difficili). Vincitore davanti a Derrick Jones, Robinson III ha trionfato con una schiacciata mica da ridere: ha saltato il compagno di squadra Paul George, una cheerleader e la mascotte raccogliendo il pallone dalle mani dello stesso George e poi inchiodandolo nel canestro all’indietro.
La notte tra venerdì e sabato all’All Star Game NBA 2017 è stata dedicata alla partita nominata Rising Star Challenge: di fatto l’evoluzione della partita dei rookie di una volta. Oggi la gara è aperta ai giocatori al primo o secondo anno nella Lega, divisi in Team World e Team Usa; si guarda chiaramente ad un gioco sempre più globale, ad atleti sempre più spesso in arrivo da altre parti del mondo. Chi si aspettava una “partita” nel vero senso del termine è rimasto deluso: All Star Game ha sempre fatto rima con spettacolo e voglia di divertirsi e il Rising Star Challenge non ha fatto eccezione, soprattutto in un periodo nel quale ogni velleità di anche solo abbozzare o fingere di difendere è sparita. Lo dice il punteggio finale () ed è bastato vedere l’andazzo della sfida di New Orleans: di fatto si è trattato di 40 minuti di schiacciate ed esibizioni, una sorta di gara alla giocata più spettacolare all’interno di quella che sarebbe stata una partita. Vinta dal Team World, e questa se vogliamo è una notizia: la differenza che un tempo era marcata tra giocatori americani e stranieri oggi non esiste più in termini generali. MVP del Rising Star Challenge è stato nominato Jamal Murray: canadese di quasi 20 anni, scelto con la settima chiamata assoluta dai Denver Nuggets nel 2016, ha infilato 18 punti negli ultimi sette minuti chiudendo con un totale di 36 (ai quali ha aggiunti 11 assist), facendo meglio del “padrone di casa” Buddy Hield. Da sottolineare anche i 24 punti e 10 rimbalzi di Kristaps Porzingis, il lettone dei New York Knicks, e i 17 di un Dario Saric che sta diventando sempre protagonista nei Philadelphia 76ers. Dall’altra parte il miglior marcatore è risultato essere Frank Kaminsky (33); partita da doppia doppia (24 e 11 rimbalzi) per Karl-Anthony Towns, prima scelta assoluta del 2016.