Vanno capite, secondo chi scrive, le ragioni della protesta degli studenti che hanno deciso di non rispondere alle domande del colloquio di maturità

Caro direttore,
esprimo grande stima per i ragazzi che si sono presentati al colloquio dell’esame di maturità e non hanno risposto alle domande dei professori perché avevano già raggiunto i 60 punti.

Questi ragazzi hanno la mia approvazione, e anche una ragazza che ho aiutato a preparare la maturità mi ha detto molte volte che avrebbe voluto andare all’esame, firmare e poi venire via senza rispondere a nessuna domanda.



Bisognerebbe capire ciò che vogliono dirci questi giovani, invece di rispondere come ha fatto il ministro Valditara, cioè rendere obbligatorio partecipare al colloquio. Innanzitutto la risposta del ministro fa sorridere: non sa che se uno studente non vuole parlare, può farlo, semplicemente facendo scena muta? La tristezza della risposta di Valditara è quella di un adulto, per di più responsabile ultimo della scuola pubblica italiana, che non vuole cercare di capire che cosa si portano dentro questi giovani.



Io spero che invece vi siano tanti adulti, in primis gli insegnanti, che si chiedano cosa questi giovani vogliono comunicare a tutti, tentando di capire da dove venga questa protesta.

In primo luogo mi sembra che vogliano dirci che il colloquio degli esami di maturità non ha alcun valore. Si fa il colloquio solo perché si ha bisogno dei punti necessari per la promozione. Ma è un tipo di esame che non fa raccontare nulla di sé e obbliga a fare un lavoro di “collegamenti” spesso forzato.

Con questo tipo di colloquio si è snaturato l’esame di maturità, che non può consistere nell’astratta creazione di un discorso in cui collegare tutte le materie. Il colloquio dovrebbe invece essere l’occasione in cui ogni candidato o candidata racconti di sé, illustrando come il lavoro di anni abbia fatto prendere coscienza delle sue doti e capacità.



In secondo luogo mi sembra che questa protesta voglia contestare una modalità di uso della valutazione nella scuola attuale. È la valutazione come apparato che incute paura agli studenti così da obbligarli a studiare, e questo segnala una insofferenza da prendere in considerazione.

Che cosa vuol dire questo? Che manca un fascino, che non vi è un rapporto, che non vi è una valorizzazione degli studenti. Allora bisogna che gli insegnanti trovino il modo di riportare dentro la scuola ciò che la rende interessante, quella passione che attrae.

In questa direzione la valutazione ha uno scopo ben preciso, quello di valorizzare ogni studente o ogni studentessa, non mettere in evidenza ciò che non sa, ma ciò che sa, in modo tale da ricostruire, sulla base di quel positivo, il percorso di conoscenza fatto da ogni studente e studentessa.

Guardare in faccia la protesta di questi giorni di maturità è una occasione particolare per capire che bisogna rifare della scuola un luogo di rapporto, come desiderano tutti i giovani.

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