A Milano FI si schiera con la maggioranza sul carcere: serve uno sguardo umano, come quello delle Comunità Educanti con i Carcerati (CEC)
In Consiglio Comunale a Milano si è discusso di carcere. Un tema troppo spesso ignorato o strumentalizzato, ma che riguarda da vicino la qualità democratica della nostra società. Durante la seduta, Forza Italia ha votato a favore di una proposta della maggioranza, rompendo la logica degli schieramenti ideologici.
L’abbiamo fatto per coerenza e responsabilità, perché il tema della detenzione non può diventare una bandiera da sventolare o da evitare in base a chi lo propone. Serve invece uno sguardo umano, costituzionale, lungimirante.
Articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. È questo il faro che dovrebbe guidare ogni discussione, ogni decisione, ogni scelta sul sistema penitenziario. E invece troppo spesso prevale l’indifferenza o, peggio, la tentazione di ridurre tutto a slogan securitari o buonisti.
Con questo spirito ci siamo distinti dagli alleati Lega e Fratelli d’Italia, che hanno scelto di votare contro la proposta, preferendo restare ancorati a una posizione preconcetta. Ma guardare in faccia la realtà delle carceri milanesi è un dovere: condizioni di sovraffollamento cronico, carenza di personale, difficoltà per i detenuti e per chi vi lavora, fino ai tragici casi di suicidio.
Chi siede in un’istituzione ha il compito di affrontare anche i temi più scomodi. E se si vuole davvero cambiare qualcosa, bisogna avere il coraggio di buttare il cuore oltre l’ostacolo.
In questo senso, ho voluto portare all’attenzione dell’Aula un’esperienza che merita di essere conosciuta e studiata: il modello delle Comunità Educanti con i Carcerati (CEC) in Emilia-Romagna, frutto del lavoro portato avanti da Valentina Castaldini. Un progetto che coniuga sussidiarietà vera e dottrina sociale della Chiesa, capace di unire la forza della comunità alla responsabilità dello Stato. Un percorso iniziato con la mostra Dall’amore nessuno fugge, promossa con la Comunità Papa Giovanni XXIII, che ha portato a un ordine del giorno approvato all’unanimità per sostenere economicamente l’esecuzione penale esterna. Le cifre parlano chiaro: il tasso di recidiva tra chi sconta la pena in una CEC è del 15%, contro il 70% di chi resta in carcere. Questo significa meno criminalità, più reinserimento, più sicurezza per tutti.
L’Emilia-Romagna diventa così regione apripista, pronta a portare questo modello in Conferenza Stato-Regioni. Ma la Lombardia dov’è? Milano e la nostra Regione non possono restare indietro. Serve uno scatto in avanti anche da parte nostra, con il coraggio di guardare oltre il pregiudizio.
Papa Francesco ci ricorda che “una pena senza speranza non è umana”. La sua voce ci richiama a non voltare le spalle a chi ha sbagliato, ma anche a non tradire i principi su cui si fonda una società giusta: la dignità di ogni persona, la possibilità di un riscatto, il valore della comunità.
Questo è, per me, fare politica in modo autentico, secondo lo spirito della sussidiarietà: dare valore alle esperienze dal basso, sostenere chi costruisce percorsi di reinserimento, mettere la persona al centro, come ci insegna la dottrina sociale della Chiesa.
Non uno Stato che si sostituisce, ma uno Stato che accompagna e rafforza ciò che funziona.
Milano e la Lombardia possono e devono diventare un laboratorio di innovazione anche sul tema carcerario. A patto che si trovi il coraggio di passare dall’ideologia alla responsabilità, e dalla parola ai fatti.
Deborah Giovanati
consigliere comunale di Forza Italia, Milano
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