Carlo Lissi accetta l’ergastolo: niente appello/ Sterminò la famiglia: una mattanza
Carlo Lissi accetta l’ergastolo: niente appello. Era il 2014 quando sterminò la propria famiglia con una mattanza

Carlo Lissi ha accettato la sentenza in primo grado: sarà ergastolo e non è intenzionato a fare ricorso in appello. Nel frattempo l’ex omicida è ad un passo dal laurearsi in filosofia. Lo farà dal carcere di Pavia dove si trova detenuto da cinque anni, dal famoso sterminio del 14 giugno 2014. Lissi uccise la moglie di 38 anni, Maria Cristina, quindi la figlia di cinque anni Giulia, e il secondogenito Gabriele, di soli venti mesi. Una vera e propria mattanza, come racconteranno i carabinieri che per primi giunsero in quell’abitazione a metà strada fra Milano e Pavia. Ad uccidere i tre innocenti, un coltello da cucina, che Lissi prese subito dopo aver fatto l’amore con la moglie, giusto per fornirsi un alibi. Dopo aver ammazzato la compagna infierì sul corpo dei due figli, per poi farsi una doccia, lavare via tutto il sangue, e uscire con gli amici per vedere la partita Italia e Inghilterra, valevole per i mondiali di calcio di quell’anno. Dopo aver trascorso una serata come se nulla fosse, rientrò in casa, e mise in scena la sua recita: iniziò ad urlare alla vista del cadavere di Maria Cristina, la moglie, di modo che i vicini lo sentissero.
CARLO LISSI SI LAUREA IN FILOSOFIA
Quindi si avvicinò al corpo della donna e fece finta di rianimarla, dopo di che corse in camera, raccontò in lacrime alle forze dell’ordine, per scoprire anche i cadavere dei piccoli. Peccato che già quel racconto non convinse i carabinieri, in quanto l’uomo avrebbe dovuto lasciare delle tracce di sangue se avesse abbracciato realmente la moglie, ma in realtà non vi erano. Pochi giorni dopo lo stesso Lissi confessò tutto: sono stato io, spiegando che “Doveva resettare”. Voleva cancellare quegli ultimi sei anni di vita, lui che non avrebbe mai voluto avere una famiglia e che invece preferiva uscire con gli amici. Ora il percorso di studio che lo porterà a diventare dottore in filosofia presso l’università di Pavia, forse un modo per aiutarlo a comprendere quanto fatto, o forse no. Avrà tempo per riflettere, tutto il resto della sua vita, che passerà nel carcere pavese: e chissà che ripensando ora alla sua famiglia, in una fredda cella di una galera, non sia emerso qualche rimorso…
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