Riapre il processo sulla sparatoria delle Br alla Cascina Spiotta, luogo del sequestro Gancia, nuove prove sul coinvolgimento di Lauro Azzolini
Riapre dopo 50 anni il processo contro i tre ex Br responsabili dello scontro a fuoco alla Cascina Spiotta del 5 giugno 1975, il luogo del sequestro Gancia nel quale persero la vita il carabiniere Giovanni D’Alfonso e la brigatista Mara Cagol, moglie di Renato Curcio, che è tra gli imputati chiamati a rispondere insieme a Mario Moretti e Lauro Azzolini. Su quest’ultimo ex militante, che oggi ha 81 anni e sta scontando l’ergastolo in regime di semilibertà, pesa l’accusa di aver materialmente lanciato le bombe a mano contro i tre carabinieri intervenuti per liberare l’imprenditore. Secondo quanto emerso dopo la riapertura delle indagini, chiesta nel 2021 dal figlio di D’Alfonso sarebbe proprio lui l’uomo che riuscì a fuggire senza essere mai stato identificato.
Tra i nuovi elementi analizzati dalla Procura infatti, ci sono alcune prove, in particolare le impronte rilevate nell’immobile in un foglio manoscritto, che sono risultate compatibili con quelle di Azzolini che però continua a negare il proprio coinvolgimento, dichiarando da inizio processo: “Io non c’ero“. Una tesi poi confermata anche dagli altri imputati ed ex brigatisti pentiti sentiti come testimoni sul caso.
Cascina Spiotta, riapre il processo contro i tre Br del sequestro Gancia, emergono nuove prove contro Azzolini: “Fu lui ad uccidere il carabiniere”
Cascina Spiotta, via al processo al tribunale di Alessandria contro i tre ex Br del sequestro Gancia. L’avvocato della famiglia del carabiniere che perse la vita nello scontro a fuoco ha commentato: “Oggi si scrivono le prime pagine di una fase nuova di verità e giustizia e non di storia o sociologia“, sottolineando che ci sarebbero ancora almeno 10 ex militanti delle Brigate Rosse che conoscono la verità ma che non hanno mai rivelato nulla. Tra loro ci sono anche personaggi chiamati a rispondere durante la prima fase dell’inchiesta nel 1976, che dichiararono dal carcere di non avere avuto la possibilità di fare domande sul caso per timore di essere considerati spie o infiltrati e che per questo non se ne poteva parlare.
Ad incastrare Lauro Azzolini, che si è sempre considerato estraneo alla vicenda, ora oltre alle impronte ci sarebbero anche le testimonianze di residenti della zona che già all’epoca avevano fornito un identikit compatibile, oltre ad una intercettazione nella quale si parlava della sua partecipazione al sequestro. L’ex brigatista, oggi 81enne, dopo aver ottenuto la semilibertà, lavora in una cooperativa di Milano che aiuta le persone disabili e durante l’interrogatorio ha detto di essersi ormai da anni dissociato dalle ideologie di lotta politica violenta.