La settimana scorsa aveva fatto il giro dei social la notizia della distruzione della chiesa di San Porfirio, la più antica attiva a Gaza (la terza più antica al mondo), ma era una fake news. Da una indagine del Washington Post è emerso che la storica chiesa greco-ortodossa però è stata colpita davvero ieri. La chiesa che era diventata rifugio per gli sfollati è stata colpita. In particolare, uno degli edifici all’interno del complesso, quindi l’antica chiesa sarebbe rimasta intatta, mentre ad essere colpito è stato un palazzo di recente costruzione che si trovava nel complesso della proprietà della chiesa. Nella serata del bombardamento la chiesa offriva rifugio a 411 persone, tra cui 5 membri dello staff di Caritas Gerusalemme (uno dei quali sarebbe tra le vittime), insieme alle loro famiglie. Gli sfollati cercavano un tetto, un riparo durante la guerra tra Israele e Hamas, ma secondo il Ministero della Sanità palestinese nell’attentato sono morte 18 persone, mentre il numero di feriti è incerto. Numeri ancora da verificare, mentre un’indagine del giornale americano ha consentito di confermare che la chiesa di San Porfirio è stata effettivamente attaccata.
Il Washington Post ha geolocalizzato l’attacco e poi stabilito che si trattava proprio del luogo dove è ubicata la chiesa, o ciò che ne resta. Fondamentale è stato un video in cui si vedono persone scavare tra le macerie di un edificio distrutto. Le forze di Difesa di Israele hanno dichiarato in un comunicato stampa che a causa di un «attacco mirato a un centro di controllo di Hamas» era stato colpito e danneggiato anche il muro di una chiesa della zona, specificando che c’era un numero imprecisato di vittime e che la scena dell’incidente sarebbe stata poi esaminata. Inoltre, ha aggiunto che Hamas collocherebbe «di proposito le sue postazioni in aree civili usate dai residenti della Striscia».
“ATTACCO A CHIESA DI SAN PORFIRIO E’ CRIMINE DI GUERRA”
«Condanniamo questo attacco irragionevole contro un complesso sacro e invitiamo la comunità mondiale a rafforzare la protezione a Gaza dei santuari divenuti luogo di rifugio, inclusi ospedali, scuole e luoghi di culto», afferma il Consiglio ecumenico delle chiese (Wcc) in una nota. Anche il Patriarcato di Gerusalemme della Chiesa Ortodossa ha condannato severamente l’attacco, evidenziando come gli attacchi ai luoghi sacri siano veri e propri «crimini di guerra che non possono essere ignorati». Dopo il Washington Post, diversi media internazionali nelle ultime ore hanno riferito dell’attacco. L’Ordine di San Giorgio, gruppo associato della chiesa, oltre a confermare l’attacco, ha fornito nuovi dettagli, spiegando che l’esplosione avrebbe distrutto due sale della chiesa dove dormivano i rifugiati palestinesi, tra cui anche diversi bambini e neonati e l’arcivescovo Alexios. Quest’ultimo è stato individuato, ma non è ancora chiaro se sia tra i feriti.
“CHIESA DI SAN PORFIRIO RIFLETTE STORIA DI GAZA”
«Questa antica chiesa riflette la storia di Gaza, che ha vissuto periodi di paganesimo, cristianesimo e islam. La chiesa è una prova che il cristianesimo continua ad esistere in città», aveva dichiarato il vescovo ad Al-Monitor nel 2013. La storia della chiesa di San Porfirio è importante non solo perché è la più antica di Gaza ed è l’unica greco-ortodossa della città. Sorge in una posizione strategica, in uno dei quartieri storici di Gaza, e prende il nome da un vecchio vescovo della città, che si ritiene morto proprio nel punto in cui la chiesa è stata costruita, cinque anni prima l’inizio dei lavori. La struttura originale venne costruita nel 425 d.C. Solo tra il 1150 e il 1160 venne completata quella che viene considerata la sua «costruzione moderna», che le conferì l’aspetto che aveva fino a ieri. La chiesa di San Porfirio era considerata un vero e proprio rifugio, oltre che una comunità per i suoi fedeli, una minoranza religiosa nella Striscia di Gaza.