Valeria Marini è indignatissima. E frustrata. Il suo ultimo film in uscita domani, I want to be a soldier, di cui è co-produttrice e nel quale interpreta il ruolo di una professoressa, sarà vietato, nelle sale, ai minori di 14 anni. Il motivo sarebbe legato alla trama che, per la presenza di alcune scene violente, potrebbe negativamente condizionare il pubblico più piccolo. Un divieto che le non comprende e non accetta, Tanto più che la pellicola, diretta da regista spagnolo Christian Molina, al Festival del cinema di Roma si è aggiudicato il premio Alice nella città. Che, manco a farlo apposta, è stato decretato da una giuria di bambini tra i 7 e i 14 anni. Non solo: il premio ha ottenuto anche il patrocinio del Moige, il movimento italiano genitori. La storia pare che, in effetti contenga delle scene non adattissime a un pubblico di minori. Ma, nellinsieme è stato considerato un film di denuncia sociale e di attualità. Racconta la storia di Alex, un bambino di otto anni coccolatissimo, iperprotetto e molto sensibile. La sua vita cambia, come spesso succedere, con lavvento fatidico di due gemellini. Ora le attenzioni dei suoi genitori non sono più tutte per lui, e Alex ne risente moltissimo. Per riattirare lattenzione su di sé fa il diavolo a quattro, finché in genitori non gli concedono lagognata tv in camera. Non lavessero mai fatto. Alex, lui sì, effettivamente, rimane condizionato dallo scorrere continuo di immagini ad alto tasso di violenza, che lo affascinano e lo incuriosiscono fino a diventare origine del suo mondo alternativo. Un mondo in cui decide di chiudersi per difendersi da quello reale, popolato dal Capitano Harry e dal suo alter ego, il Sergente Cluster. Inizia per lui unesistenza fatta di violenza e sopraffazioni nei confronti di quanti lo circondano. Tutto ciò, ovviamente, allinsaputa dei genitori. Che, convocati dal preside della sua scuola, dove il suo bullismo ha raggiunto livelli inaccettabili, replicano, spaesati di fronte alla denuncia del capo dellistituto: «Alex è un bravo ragazzo, mentre il preside risponde: «Forse, lo è a casa.
Secondo la Marini la pellicola rappresenta un film di denuncia molto intelligente, nonché «una scommessa vinta, come ha dimostrato la vittoria al Festival di Roma, una vittoria decretata proprio dai ragazzi. Non è un film contro la tv, ma piuttosto contro i messaggi che questa può mandare».