A Chi l’ha visto gli aggiornamenti: ha confessato l’autore della strage? La svolta nelle indagini sull’attentato a Brindisi, in cui è morta Melissa Basso e sono state ferite alcune compagne è stato il principale argomento di Chi l’ha visto? Il programma condotto da Federica Sciarelli su Rai Tre. Il lungo servizio sulla bomba a Brindisi, alla scuola Morvillo-Falcone inizia con la testimonianza di un edicolante che possiede la sua edicola vicino la scuola, Roberto Perri, il quale racconta che la mattina aveva notato subito un’anomalia, ovvero la presenza di un cassonetto blu per la raccolta differenziata posto di fronte la scuola, cosa che accade di rado, e che quindi lo ha colpito subito. Dopo la testimonianza dell’uomo, vengono mostrate alcune immagini riprese da una telecamera posta sopra un chiosco nei pressi della scuola: un uomo, vestito di scuro e con delle scarpe bianche viene ripreso dalla telecamera mentre si aggira vicino alla Morvillo-Falcone, percorrendo il tratto di strada che conduce vicino al chiosco diverse volte, in maniera agitata. L’uomo ha entrambe le mani in tasca, ma alle sette e quaranta due del mattino, ritorna vicino al chiosco, estrae dalla tasca della sua giacca un telecomando, facendo azionare il timer che farà esplodere le tre bombole di gas presenti nel cassonetto blu piazzato di fronte alla scuola: dopo l’esplosione, l’uomo si dilegua, passando dietro il chiosco, andando a recuperare la sua automobile, la quale sarà la prova schiacciante che lo inchioderà, in quanto le varie telecamere hanno ripreso il suo numero di targa. L’uomo, di circa sessantotto anni, lavora nell’industria del carburante e si trova tutt’ora nella Questura di Lecce, ascoltato dagli inquirenti: l’inviato Vito Giannulo informa la conduttrice che l’uomo ha un atteggiamento ostile e che probabilmente l’interrogatorio andrà avanti per le lunghe. Viene spiegato quale possa essere il potenziale movente che ha spinto l’uomo a commettere tale gesto: secondo alcune indiscrezioni infatti, l’uomo sarebbe collegato al preside della scuola Morvillo Falcone, il quale è stato condannato per un anno e mezzo per molestie sessuali nei confronti di alcune alunne, cosa che potrebbe quindi aver spinto il possibile attentatore a vendicarsi compiendo tale atto. Dopo le ultimissimein diretta, a Chi l’ha visto? vengono mostrate le interviste fatte ai due uomini che in un primo momento sono stati reputati colpevoli: il primo, il quale preferisce stare nell’anonimato, ricorda che, trascorsi due giorni dall’attentato, nella sua abitazione si sono presentati i carabinieri in borghese, i quali, dopo avergli perquisito la casa, lo hanno accusato senza una reale motivazione. Ricorda anche che tutto questo è avvenuto in presenza di sua figlia di tre anni, ed aggiunge che, avendogli sequestrato il materiale per poter svolgere la mansione di radio tecnico e di tecnico informatico, non ha potuto svolgere le sue mansioni, e conclude il discorso dicendo che le sue uscite sono diminuite drasticamente, in quanto, pur essendo innocente, gli abitanti del paese continuano a guardarlo con sospetto. Il secondo uomo, accusato ingiustamente, è Raffaele Niccolli, che intervistato dall’inviata Veronica Briganti, ricorda che pochi giorni dopo l’accaduto, è stato bloccato dalla polizia nella sua abitazione, e che le forze dell’ordine hanno cercato, tra i suoi capi d’abbigliamento, una giacca blu e delle scarpe bianche, in quanto questi due vestiari corrispondevano a quelli che indossava l’uomo del video: fortunatamente, Raffaele Niccolli è stato scagionato subito, in quanto, grazie a diversi scontrini, tra cui uno di un bar a Bari, gli hanno permesso di dimostrare la sua innocenza. Al termine della puntata Federica Sciarelli dà ai telespettatori di Rai Tre gli aggiornamenti sul presunto responsabile della strage di Brindisi: l’uomo avrebbe confessato di aver azionato il meccanismo che avrebbe fatto esplodere le tre bombole di gas di fronte la scuola e che, secondo alcune indiscrezioni, il movente risulta essere una vendetta contro la giustizia, in quanto all’uomo sarebbe stato negato dal Tribunale di Brindisi un risarcimento di circa tre cento mila euro a seguito di una truffa alla quale sarebbe andato incontro. A Chi l’ha visto viene riepilogato il caso di Claudio Mastrello, con l’intervista del figlio, che spiega che in un certo periodo della sua vita, il padre frequentava contemporaneamente quattro donne, e che nel suo armadio, aveva quattro valigette, ognuna contenente un’identità inventata, come ad esempio, agente segreto o ufficiale di polizia. Claudio nel 2010 si trova a Palermo, assieme ad una delle sue compagne, e viene colto da un’emorragia cerebrale: viene quindi accompagnato dall’ospedale, e non essendo sposato con la donna che lo ha accompagnato, la quale viene poi mandata via, viene contatta la moglie tedesca, la quale lo fa ricoverare in una clinica in Germania: verrà poi raggiunto dal figlio Claudio e dalla sua famiglia, e dopo una litigata con la donna tedesca, vengono mandati via dalla stessa, rompendo i ponti con famiglia e amici. Due telespettatori italiani che vivono in Germania, Pina e Angelo, contattano quindi la redazione del programma, e vengono intervistati: i due raccontato che sono stati a casa di Claudio, e che la moglie gli impediva di parlare o di uscire, imponendogli il silenzio ogni qualvolta che l’uomo cercava di esprimere il suo parere. Claudio confessa poi ad Angelo che la donna sta con lui solo per i soldi, i quali sono stati accumulati e conservati grazie i tanti lavori fatti dall’uomo. L’inviato del programma allora cerca di contattare Claudio: arrivato alla sua abitazione e suonato più volte il campanello senza ottenere una risposta, l’inviato viene prima raggiunto dalla polizia tedesca, la quale consiglia alla troupe di andarsene, e successivamente dalla moglie di Claudio, la quale non risponde alle domande che le vengono poste. Il figlio Luca, vedendo le immagini di quanto accaduto, sostiene che la donna capisce perfettamente l’italiano, e che fa finta di non capire e saperlo parlare, e che il padre ha estremamente bisogna d’aiuto. Continua alla pagina seguente.
Chi l’ha visto torna sul caso di Emanuela Orlandi: in studio ci sono Natalina Orlandi, sorella di Emanuela, e suo marito Angelo, ai quali vengono mostrati due documenti uno del 200 e uno del 2007, emanati dalla Chiesa: in entrambi, viene assolutamente vietato ai preti delle altre parrocchie, di introdurre, nei vari seminari per diventare preti, i giovani extra comunitari e i giovani italiano che vengono presentati dal Monsignor Pietro Vergari, in quanto nel primo caso, i giovani extra comunitari non possiedono regolari documenti per poter soggiornare in Italia, mentre nel secondo, Vergari non ha ottenuto l’autorizzazione per poter presentare, e successivamente introdurre nei seminari, i giovani ragazzi che appunto presenta agli altri preti. Vengono poi mostrati alcuni tentavi d’intervista fatti al Monsignore, il quale ovviamente evita di rispondere ad ogni tipo di quesito che gli viene posto, sostenendo che le sue risposte si trovano nel suo sito internet: Natalina ed Angelo sostengono che, malgrado l’opposizione della Chiesa su alcuni fronti, cercheranno di andare avanti per scoprire la verità su Emanuela. Si parla poi del caso di Attilio Manca, giovane medico urologo, trovato morto nel 2004 in una pozza di sangue: Attilio era un giovane ragazzo di trent’anni single, che dopo essersi laureato in medicina, ed aver ottenuto la specializzazione a Parigi, aveva trovato lavoro prima al Policlinico Gemelli a Roma, poi nell’ospedale Belcolle di Viterbo. Sua madre Angela ricorda che suo figlio era molto entusiasta del suo lavoro, ma che nell’ultimo periodo era nervoso, a causa della presenza del cugino Ugo, un condannato per associazione a delinquere per spaccio di droga, il quale nel dicembre del 2003 si fa operare alla prostata proprio da Attilio. I colleghi ricordano che durante i turni di notte in quel periodo, Attilio era solito utilizzare frasi del tipo “in che guaio mi hanno cacciato”, riferendosi probabilmente al cugino. Nel 2004, Attilio viene trovato morto nella sua casa a Viterbo, sdraiato a pancia in giù, con due piccoli fori nel braccio sinistro, ed in una pozza di sangue sul letto e sul pavimento: la prima ipotesi degli inquirenti è quella di litigio finito in tragedia, con Attilio che subisce un grande trauma al naso, il che avrebbe generato le pozze di sangue, per poi cadere e sbattere la testa sul telecomando. Successivamente, vengono ritrovate due siringhe con una potente miscela di droga e tranquillanti, il che porta gli inquirenti a pensare che si tratti semplicemente di suicidio. La famiglia non crede a quest’ipotesi per diversi motivi: il primo consiste nel fatto che Attilio era mancino, e che non sapeva usare la mano destra per compiere anche azioni semplici, e che quindi sia praticamente impossibile che il ragazzo si sia iniettato quel composto da solo; inoltre, il fratello sostiene fermamente che Attilio non si sia mai drogato, ipotesi confermata anche dal fatto che nella scena del delitto non sono stati ritrovati degli attrezzi per preparare la droga ed iniettarsela. La parola viene poi data all’avvocato Fabio Repici, che sostiene che le indagini sono state condotte in maniera affrettata e poco professionale per diversi motivi: primo di tutti, le siringhe utilizzate per la droga sono state trovare col tappo protettivo, cosa che per una persona che deve suicidarsi risulta essere inutile da compiere; secondariamente, perché l’analisi fatto su di esse, anche se ben dopo otto anni dalla morte del ragazzo, non hanno riscontrato nessun’impronta, così come nel corpo di Attilio non sono stati trovati residui di cocaina, ed infine, poiché nella casa di Attilio, oltre cinque sue impronte, ne sono state trovate quattro di suo cugino Ugo, il quale sostiene di essere stato a casa sua prima di Natale, versione smentita poiché i genitori e amici di Attilio, pur essendo andati dopo Natale a casa sua, non hanno lasciato impronte, il ché fa presupporre che Ugo sia stato a casa di Attilio dopo la visita di amici e genitori, ed una che ancora oggi è misteriosa. L’avvocato conclude dicendo che non si arrenderanno finché la verità non verrà fuori.