E Elhaida Dani la vincitrice della prima edizione di The Voice of Italy. Originaria dellAlbania, dove aveva già vinto un talent show televisivo (Star Academy), la giovane e brava cantante del Team Cocciante è salita sul gradino più alto del podio intonando linedito When Love Calls Your Name, scritto da Riccardo Cocciante e Roxanne Seeman, e superando gli altri tre finalisti che erano Veronica De Simone per Raffaella Carrà, Silvia Capasso per Noemi e Timothy Cavicchini per Piero Pelù, con questultimo arrivato secondo. Insieme a Francesco Specchia, giornalista esperto di tv, commentiamo la prima stagione di The Voice of Italy, con cui Rai Due sembra aver finalmente ritrovato ciò che aveva perduto dopo il passaggio di X Factor a Sky.
Iniziamo da un giudizio complessivo di questa prima edizione da poco conclusa.
Il format è convincente, come anche il riadattamento proposto su Rai Due per il pubblico italiano. Anche i coach, adattabilissimi a un pubblico generalista, sono stati scelti per raggiungere quattro diverse fasce di telespettatori: la “figlia” di X Factor Noemi, Piero Pelù per la parte rock, Riccardo Cocciante per quella più classica e linossidabile intrattenimento di Raffaella Carrà.
Chi tra questi è stato più convncente?
La migliore è stata senza dubbio la Carrà, una vera forza della natura con una capacità scenica straordinaria, seguita da Pelù che ha dimostrato un ottimo adattamento ai tempi televisivi. Bene anche Noemi, mentre Cocciante è apparso un po “accartocciato” su se stesso. Nel complesso, però, si tratta di una squadra a mio giudizio molto buona e decisamente superiore a quella degli altri talent in tv, come Amici e X Factor. Credo sia questa la vera forza del programma.
Quale parte del programma crede sia stata più interessante?
Sicuramente la prima, cioè quella in cui sono stati scelti i cantanti, quando si avvertiva davvero la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di effettivamente nuovo. Poi, con lavanzare delle puntate, The voice of Italy forse ha perso qualcosa, ma è rimasto comunque un ottimo talent che ha rappresentato un successo per Rai Due che sta vivendo un periodo di certo non facile. Vorrei ricordare, inoltre, che il programma sarebbe dovuto andare in onda già due anni fa: in pochi sanno infatti che venne proposto a Lorenza Lei, allepoca direttore generale, che però lo considerò non allaltezza della rete, facendosi invece sfuggire un format che, fiorendo prima, avrebbe sicuramente fatto registrare un successo molto più evidente.
E però da molti definito “il reality della bontà” a causa di un eccessivo buonismo dei giudici. Cosa ne pensa?
In effetti è stato decisamente “ammorbidito” rispetto al format originale, però credo che anche questa caratteristica rientri nel dna della tv generalista: tra cantanti giovani, lampi di follia e discussioni in diretta, ci può stare anche questo aspetto che è tipico della Rai.
Cosa pensa di Elhaida Dani che ha vinto la prima edizione di “The Voice of Italy” con un brano inedito in inglese?
E’ vero, però non è di certo la prima volta che prevalgono le canzoni in inglese. E’ una lingua ormai globale e credo che ormai solamente il Festival di Sanremo sia ancora impegnato a mantenere la tradizione della canzone italiana. The Voice of Italy è un format universale che si è adeguato al Paese che l’ha trasmesso, ma, nonostante tenti di avere un ambito locale, resta comunque una trasmissione internazionale. Mi sembra quindi normalissimo che a vincere sia stata una ragazza straniera con una canzone in inglese.
Quali crede siano invece le maggiori differenze con X Factor?
X Factor non è più un semplice programma, ma è diventato ormai un fenomeno mediatico trasversale. Per diventarlo, però, ci ha messo parecchio tempo: le prime edizioni erano molto diverse e la trasmissione è andata cambiando con gli anni. Poi, quando è arrivata a Sky, il marketing “selvaggio” della piattaforma satellitare ha fatto sì che diventasse anche un vero e proprio “marchio” di qualità, al di là del contenuto. Insomma, X Factor è sulla bocca di tutti, anche di chi non lo guarda, però vorrei ricordare che Sky raggiunge un massimo di 4 milioni 800mila spettatori in Italia. The Voice ha ancora tempo per raggiungere questi livelli, anche se francamente non so se ce la farà mai: per certi versi sono due programmi difficilmente paragonabili.
Cosa dovrà avere di più la seconda edizione, già confermata?
Ovviamente il format è quello, quindi le modifiche non potranno essere così rivoluzionarie. Credo però che si possa immaginare un più profondo lavoro degli autori sulle storie personali dei giovani concorrenti che in questa prima edizione non sono state volutamente approfondite. Probabilmente, sviluppando maggiormente la parte “reality” del programma, si potrebbe attirare ancora più pubblico, anche se per farlo bisognerà far fronte a più alte spese che non so se la Rai possa e voglia affrontare.
(Claudio Perlini)