Va in onda questa sera su Rete 4 il quarto film basato sui personaggi letterari creati dallo scrittore e giornalista italiano Giovannino Guareschi, intitolato Don Camillo Monsignorema non troppo. Siamo a Brescello nel 1960: il paese è sempre lo stesso, ma non ci sono più né Don Camillo (Fernandel) divenuto nel frattempo Monsignore e trasferito a Roma, né Peppone (Gino Cervi) che il partito ha fatto eleggere senatore per sbarazzarsi dello scomodo sindaco e per tenerlo sotto controllo nella capitale. Il caso vuole però che i due si incontrino in un vagone letto di un treno che da Roma sta viaggiando in direzione di Reggio Emilia. Don Camillo e Peppone negano il fatto di trovarsi lì per ritornare a Brescello, del quale ambedue sentono una forte nostalgia, ma in realtà devono occuparsi di alcuni pressanti problemi che solo loro possono risolvere. Peppone deve sistemare la costruzione di una Casa del Popolo che deve essere eretta fuori dal paese e che prevede labbattimento della piccola cappella della Madonna del Borghetto. Il sindaco in carica, rappresentato dal Brusco, un vecchio compagno di partito di Peppone, ha richiesto lintervento proprio di questultimo sapendo che lautorità del vecchi sindaco potrà sistemare le cose. La cappella però è posta su un terreno di proprietà della curia e la grana è proprio questa. Peppone, con il suo solito modo di fare, riesce ad ottenere dal furbo Monsignore lautorizzazione di abbattere la cappella a condizione che gli appartamenti da assegnare alle famiglie bisognose siano equamente spartiti tra quelle scelte dallamministrazione comunale e quelle scelte dalla curia del paese. Peppone considera questa una sonante vittoria ma deve provvedere allabbattimento della piccola costruzione votiva. Di fronte a una massa di cittadini di Brescello, loperazione di demolizione pare proprio non voler avere successo per quanti tentativi Peppone cerca di fare mentre la popolazione già grida al miracolo. Sarà Don Camillo a proporre di mantenere la cappella come si trova, occupando uno degli appartamenti che sono a favore della chiesa. Ma unaltra grana assilla il compagno Peppone e si tratta delle nozze del figlio che vorrebbe che fossero celebrate solo con rito civile per coerenza con i suoi ideali. Trova però lassoluto divieto da parte della moglie (Leda Gloria) che vuole che il figlio si sposi in chiesa come ha fatto lei e Peppone. Il futuro consuocero di Peppone è un uomo che ha sempre parteggiato per Don Camillo e Peppone, per convincerlo a lasciare sposare la figlia solo in municipio, cerca di corromperlo offrendogli un posto di usciere comunale.
Saputo della promessa dell’amico-nemico, Don Camillo corre alla carica promettendo all’uomo di fargli avere la concessione di una pompa di benzina. La vita scorre tranquilla a Brescello e Don Camillo, pressato dal Vaticano affinchè rientri a Roma, trova mille scuse per prolungare il suo soggiorno nel paese che lo ha visto parroco per tanti anni. Tutti parlano del 13 fatto al totocalcio che ha fatto vincere tanti milioni ad un fantomatico scommettitore che si è firmato “Pepito Sbazzeguti”. L’arguzia di Don Camillo gli permette di scoprire che questo nome così strano null’altro è che l’anagramma di Giuseppe Bottazzi, ovvero il suo amico Peppone. Sarà proprio Don Camillo ad andare dall’ex sindaco per svelargli il fatto di averlo scoperto, e Peppone confesserà di aver paura di ritirare personalmente la vincita per paura di dover dare dei soldi a tutti coloro che glieli richiederanno, tra cui il suo partito. Don Camillo suggerisce a Peppone un sano compromesso: sarà lui a recarsi a ritirare il denaro di nascosto per poi darlo a Peppone ma, in cambio, suo figlio dovrà sposarsi in chiesa e, per agevolarlo, le nozze saranno celebrate in una piccolissima chiesetta di campagna poco frequentata. Peppone non può che accettare anche per via di alcune vecchissime foto che lo ritraevano mentre faceva la comunione…