Lultima stellina della Paramount sfila veloce, scomparendo sullo schermo, e ci ritroviamo immersi in un modo tutto mitologico, o almeno così ci pare: perché, per la verità, allinizio del film Hercules – Il guerriero un attimo di smarrimento ce lo devono proprio concedere, e anche una smorfia – appena percepibile – che ci fa arricciare il naso. Da subito, è chiarissimo chi sia Hercules, il semi-dio nato da Zeus e da una donna mortale: Era, moglie di Zeus, non lo vede proprio di buon occhio, tanto che fin da bambino tenta in ogni modo di eliminarlo, per cancellare, in questo modo, il fastidioso frutto dellamore di suo marito per unaltra creatura. Quello che inizia a farci diventare un po irrequieti sulla sedia sono i compagni dellHerclues adulto, che ha già affrontato le dodici fatiche, spettacolari, tra laltro, su uno schermo cinematografico in 3D, e che vende la sua abilità e la sua forza come mercenario.
Con lui cè Anfiarao, interpretato da un irriverente Ian McShane, nelle vesti di un oracolo, in grado di traghettare i modi di fare, i dialoghi e le personalità delloggi allinterno di quello che dovrebbe essere unatmosfera assolutamente lontana da noi. Gli riesce estremamente facile e in principio – proprio per questo si fa strada in noi il sentore che qualcosa non va – siamo portati a credere che lintero lavoro sarà lennesimo film con il classico e banale eroe hollywoodiano, circondato da personaggi molto in gamba e per giunta anche simpatici. Invece Ian McShane diventa, pian piano, come lolio sul pane di una bruschetta: gli altri compagni di Hercules, che lo seguono in tutti i suoi ingaggi da mercenario e giungono con lui in Tracia al servizio di Re Cotys (John Hurt), hanno anche loro quel pizzico di modernità che contraddistingue Anfiarao, ma portano con sé drammi molto più profondi in grado di tormentare lanimo di un uomo, perfino del guerriero più potente.
Come Fineo (Joe Anderson), giovane ragazzo e abile combattente che Hercules ha strappato agli orrori della guerra quando era bambino e che non ha più abbandonato: tutte le notti è costretto a rivivere le strazianti immagini legate alla sua infanzia, e per questo non ha mai detto una parola. O come Atalanta (Ingrid Bolso Berdal), che in Hercules dice di aver finalmente trovato una famiglia che non ha intenzione di lasciare più. Lo stesso Hercules, interpretato dal possente ex-wrestler Dwayne The Rock Johnson – che potrà essere in grado di guadagnarsi laffetto degli spettatori non solo per i muscoli, ma anche per il modo con cui ha recitato -, è un personaggio nettamente diviso tra la sua natura divina e i contrasti caratteristici dellanimo di un uomo, di un marito, di un padre e di un amico.
Togliendo il pesce dalla boccia muore: e morirebbero tutti questi personaggi, se ne mancasse anche solo uno e, soprattutto, se non ci fosse Anfiarao, che fa da camera di raccolta a tutto il dramma che riempie i personaggi, specialmente il protagonista, in modo quasi geniale, e lo rispedisce indietro al mittente più leggero di un boomerang. La ricerca incessante e profonda è ammorbidita, senza diventare meno pregnante nel film, da uno sguardo al futuro ottimista, positivo che trapassa proprio dagli atteggiamenti, decisamente fuori epoca, del personaggio di Ian McShane.
Naturalmente, Hercules & company sono guerrieri e sotto questo aspetto, fin dalle dodici fatiche che vediamo rapidamente riassunte a inizio film, gli effetti speciali sono in grado di rendere ogni combattimento e ogni scontro davvero epico, riuscendo anche a svelare, a poco a poco, e per giungere a un finale davvero “distruttivo”, il divino che c’è nel protagonista. Insieme a tormenti, muscoli ed effetti speciali, conditi e incollati al contesto grazie alla caratterizzazione così riuscita dei personaggi, troviamo anche il tema dell’amicizia e della lealtà, due tra le principali peculiarità che costruiscono quello che infine risulta un vero e proprio eroe, non banale e neanche scontato. Il continuo oscillare di Hercules tra la sua divinità imponente e i suoi limiti umani si risolve in un finale dai tratti profondamente terreni, calorosi, in un tripudio di coraggio, amicizia e fiducia: come se, dal momento in cui tutto ciò raggiunge il suo massimo livello, il pendolo della sua presunta appartenenza smetta di oscillare.
Il regista, Brett Ratner (che, per intenderci, è stato al timone anche di X-men – Conflitto finale, nel 2006) si ispira non alla mitologia tradizionale, già trita e ritrita, ma a una trasposizione in fumetti, intitolata “Hercules: The Thracian War”, a opera di Steve Moore: quel che ne viene fuori è un eroe che passeggia tranquillo, passando da una contemporaneità scottante a valori e significati ben più radicati, inciampando ben poche volte. Due consigli, all’ultimo: preferibile – seppur un po’ scontato – sarebbe gustarsi la proiezioni in 3D, e – meno scontato – non lasciare la sala prima della fine dei titoli di coda.
(Maria Ravanelli)