Nella puntata di questa sera giovedì 7 maggio 2015 della trasmissione Le Iene Show condotta su Italia Uno da Teo Mammuccari e Ilary Blasi, la iena Luigi Pelazza sarà protagonista di un servizio realizzato in Albania e nel quale si occuperà di una singolare tradizione locale. Nello specifico Pelazza si occupa di alcune donne albanesi cui, in ragione di un antico codice abitudinario albanese conosciuto con il nome di kanun, viene riconosciuto il diritto di proclamarsi uomini e quindi di comportarsi come tali e godere di tutti i relativi diritti. Burnesha o Virgjinesha sono i nomi con i quali vengono chiamate le donne albanesi vergini giurate, ovvero coloro che hanno rinunciato alla loro natura di donne per diventare socialmente uomini ed acquisire il diritto di gestire famiglia e beni. In alcune zone dell’Albania, infatti, le donne possono decidere di condurre una vita maschile, raggiunta la maturità sessuale. Tale decisione non è una scelta dettata dall’orientamento sessuale ma piuttosto legata ad una tradizione sociale antica, radicata nei secoli della tradizione albanese. Questa scelta avviene pubblicamente con un giuramento fatto di fronte alla società, attraverso la rinuncia totale alla vita sessuale e con un voto di verginità fino alla morte che concede loro di avere gli stessi diritti e doveri degli uomini. Dopo il giuramento queste donne, diventate burnesha, smettono di essere tali agli occhi della loro gente e della famiglia, diventando uomini negli atteggiamenti, nel lavoro, nell’abbigliamento e nello stile. Infatti si attribuiscono un nome maschile, si vestono da uomini, eseguono lavori maschili, tagliano i capelli come un uomo, possono avere un’arma, possono bere alcol e fumare e spesso rappresentano anche il capofamiglia. Con questo giuramento le donne albanesi perdono il loro stato di sottomissione tipica della donna, diventando completamente sovrapponibili agli uomini tali per nascita. Il fenomeno delle vergini giurate si riscontra con particolare intensità nelle zone montuose dell’Albania, in Serbia, in Bosnia, nel Kosovo e in Montenegro e deriva da un antico codice consuetudinario risalente al XV secolo dal nome Kanun, che impone delle specifiche regole sociali. Secondo il Kanun possono esistere solo due tipi di sistemi familiari: quello patrilineare, in cui i patrimoni e l’autorità verso la famiglia passano di padre in figlio maschio, e quello patrilocale, in cui se non ci sono figli maschi che possono proseguire l’autorità familiare, è una delle figlie, una volta sposata, ad essere obbligata a trasferirsi nella località di origine del marito affinché diventi il nuovo capofamiglia. Poiché nelle società albanesi le famiglie erano organizzate in clan, spesso i matrimoni erano il frutto di alleanze combinate. Il fenomeno delle vergini giurate ha iniziato ad affondare le sue radici quando cominciarono a crearsi famiglie senza uomini. In questi casi diventava necessario che le donne assumessero il ruolo maschile, sia da un punto di vista esecutivo che sociale. Successivamente, anche nelle famiglie in cui nascevano solo figlie femmine si rendeva indispensabile la tradizione delle burnesha, in cui una delle donne assumeva la patriarcalità familiare una volta raggiunta la maturità sessuale. Questa metodica si è andata sempre più intensificando poiché diventava fondamentale la presenza di qualcuno che assumesse il ruolo di capofamiglia in assenza di un uomo o di un padre, gestendo le proprietà della famiglia e i matrimoni combinati di sorelle e figlie. Se all’inizio le donne albanesi hanno cominciato a diventare vergini giurate per necessità ed obblighi gestionali, successivamente è diventata una scelta libera, soprattutto effettuata per aggirare le sottomissioni, i soprusi e gli abusi di cui erano vittime le donne in questi paesi. Effettuando il giuramento e diventando burnesh, infatti, le donne non venivano più considerate socialmente tali ed acquisivano tutti i diritti dell’uomo, scongiurando la possibilità di matrimoni combinati e privazioni tipiche a cui erano soggette le donne. Molte vergini giurate sono diventate uomini solo per volere del proprio padre, altre per mascherare un orientamento lesbico inaccettabile dalla società, altre ancora per poter godere dell’indipendenza permessa solo agli uomini. Per la società albanese, invece, le vergini giurate erano una necessità socio-economica familiare che soddisfaceva l’esigenza di avere almeno una figura maschile in famiglia. Nel tempo questo fenomeno ha assunto anche il significato di strategia soprattutto per le donne promesse in moglie ad un rappresentate di un clan familiare diverso che rifiutava il fidanzato promesso. In tali casi, convertirsi in uomo e fare giuramento di castità, evitava le lotte tra clan e il rifiuto esplicito del matrimonio combinato. La vergine giurata però, aveva l’obbligo di rinunciare alla propria femminilità in toto, rinunciando contemporaneamente alla possibilità di crearsi una famiglia, di sposarsi e avere figli, così come di mantenere l’obbligo di castità totale a vita. Il giuramento delle vergini burnesh veniva fatto di fronte a 12 uomini di clan influenti e coloro che dopo il giuramento desideravano tornare sui loro passi per pentimento o per altre motivazioni, venivano condannate a morte sul rogo. Secondo il Kanun, la burnesh giurata poteva usufruire di tutto quanto era concesso all’uomo purché non venisse meno il giuramento circa la castità e la rinuncia alla femminilità. Ancora oggi questa antica tradizione persiste in alcune zone settentrionali dell’Albania, malgrado nel tempo si stia estinguendo sempre di più poiché ad oggi le virgjinesha sono per lo più donne anziane. Questa antica tradizione è stata messa in luce solo di recente grazie ad una scrittrice albanese che studiando una foto di una famiglia del Kosovo, aveva notato un uomo dai tratti decisamente femminili. La base di questa antica regola del Kanun risiede nell’importanza dell’onore personale che non fa distinzione tra uomo e burnesha, perché l’onore risiede nell’anima.