DIAMANTE NERO/ Il “vuoto” che affossa il film di Céline Sciamma

- Claudia Cabrini

Nelle sale è arrivato il nuovo film di Céline Sciamma. CLAUDIA CABRINI ci spiega che però non è capace di trasmettere vere emozioni: cosa che lo penalizza molto

Diamante_NeroR439 Una scena del film

Si intitola Diamante Nero il nuovo film di Céline Sciamma (passato anche dal Festival di  Cannes dellanno scorso). E già sin dalla traduzione che del titolo è stata fatta potremmo iniziare a discutere di quello che poteva essere un capolavoro del cinema francese – l ulteriore, peraltro -, ma che invece non lo è stato affatto. Diamante Nero, infatti, che significa? Certo, le protagoniste di tutto il racconto sono di colore, ma il titolo originale del lungometraggio era molto più vero, semplice e immediato: Bandes de filles, che per chi con la lingua francese non ci sa molto fare significa “banda di ragazze”, una banda senza maschiacci ma fatta tutta al femminile, con ragazze forti, talvolta prepotenti e con la volontà di farsi valere con l’ausilio dell’illegallità.

Ambientato totalmente in Francia, nei bassi dintorni della città di Parigi, Diamante Nero racconta della vita scombinata di una ragazzina, Marieme, che con le sorelle più piccole a cui far da mamma e il fratello più grande dal quale nascondersi per non prender le botte cerca di trovar un’identità che la rappresenti e con la quale possa finalmente farsi valere. Tuttavia parlar di vera e propria sinossi risulta stavolta piuttosto complicato, perché Céline Sciamma, in questo caso, ci ha resi soltanto tutti voyeur di una vita non nostra.

Diamante Nero, allora, risulta poco più che un elenco di eventi in successione. Dalla bocciatura di Marieme a scuola, alle sue frequentazioni poco per bene. Marieme inizia a rubare, si fa chiamare Vic, si fidanza con un ragazzo che la ama ma con il quale il fratello le aveva vietato di vedersi, e poi scappa anche di casa, per guadagnarsi da vivere spacciando. E per non cader nelle violenze sessuali che molte spacciatrici donne devono subire inizia anche a vestirsi da uomo. Si taglia i capelli e si appiattisce il seno con delle fasce elastiche che le tolgono il respiro. Poi si pente delle decisioni che l’hanno vista protagonista e allora torna a casa. Ma trovatasi davanti alle scale che l’avrebbero portata al suo pianerottolo ci ripensa, e volta le spalle a quello che sarebbe stato probabilmente per lei il futuro migliore. E poi basta, fine, è finito, finisce così. 

Non un’emozione, non un colore. E probabilmente proprio per questo Diamante Nero non mi è piaciuto, e non ne consiglierei la visione per niente al mondo. 

C’è da ammettere che il Cinema è un’arte, e come questa riserva interpretazioni tuttalpiù personali sulle quali non mi permetto di discutere. Perciò è altamente probabile che parte del pubblico possa magari anche non condividere la mia recensione. Ma le lunghe pause di nero tra una scena e l’altra – che ti fanno domandare se stiano finalmente per partire i titoli di coda oppure no – e la colonna sonora quasi assente oppure il presente silenzio e la totale dimenticanza di un’articolazione che vada a fondo delle cose e che ci spieghi un po’ di più rispetto ai minuti dialoghi che vediamo in scena, che vogliono comunicarci? Quale significato dovremmo dare a un prodotto di questo tipo? Perché, secondo me, se la storia che racconti non ti coinvolge, e non ti emoziona, e non ti fa riflettere, ma ti informa soltanto sulle decisioni che dall’inizio alla fine la protagonista ha deciso di intraprendere, allora non c’è motivo per cui dovresti chiamarlo “film”. Non vorrei né vedermelo, né rivederlo.

Nonostante la fotografia non sia delle peggiori, e la tecnica registica per cui restano importanti dettagli, primi e primissimi piani sia ben fatta e quindi apprezzabile, tutto il resto non regge. Manca una base psicologica al racconto – fortemente svantaggiata da una sceneggiatura povera di parole e contenuti – che riesca a far capire allo spettatore che quel prodotto cinematografico è stato pensato per te. Grave errore, che rischia di trovarmi muta e senza parole dinnanzi alla domanda: “Ma perché dovrei andar a vedere Diamante Nero?”. 

Perché, se me lo domandaste, davvero non saprei che rispondervi. Di solito si attende la conclusione di un film per poi fare “2+2” e riconnettere tutti i tasselli capaci di renderti consapevole di ciò che hai appena visto. In questo caso no, assolutamente no.

Apprezzabile il fatto che in scena si vedano tutti attori principianti, la stragrande maggior parte dei quali anche alla prima volta in veste di attore. Ma nel complesso, e mi spiace dirlo perché so che il mio non è un bel giudizio da dare o da ricevere, Diamante Nero è un prodotto assolutamente insufficiente. Non so spiegare perché dovreste decidere di non perdervelo, e vi assicuro che nonostante ci abbia riflettuto per giorni, posso dirvi che non ho nemmeno la più pallida idea di quale emozione io possa dire mi abbia lasciato. Diamante Nero non mi ha lasciato un bel niente. Mi spiace, ma la prova non è superata. Sarà per la prossima.





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