Festival di Venezia 2018: la corsa al Leone d’Oro, le sorprese in Orizzonti ma non solo. Negli ultimi giorni è dilagata la polemica sulla bassa percentuale di film diretti da registe donne: solo un titolo nel Concorso 75, media del 21-22 per cento per quanto concerne le sezioni collaterali. Dopo la polemica dell’Hollywood Reporter, non sono mancate le critiche da parte di associazioni e movimenti, con la Biennale che ha voluto mandare un segnale chiaro e forte: oggi pomeriggio si è tenuta una conferenza stampa con protagoniste La Biennale, Women in Film e Dissenso Comune, con l’obiettivo di trovare una soluzione al problema sempre più dilagante. Presente Alberto Barbera, direttore artistico, Paolo Baratta, presidente della Biennale, Margherita Chiti, Jasmine Trinca e K. Dugan. E’ stato firmato un documento, il cui contenuto è stato chiarito da Paolo Baratta: “Firmiamo un documento già siglato da altri Festival. Abbiamo chiarito fin dall’inizio che c’erano differenze formali, il Festival di Venezia non ha un consiglio o una amministrazione, c’è l’istituzione unitaria della Biennale che si occupa di vari settori. Un tema sul quale c’è stato fumo di polvere: nessun Festival ha firmato impegni quantitativi sulla selezione. E’ un inizio di processo di verifica, con lo scopo di sgombrare il campo da pregiudizi legati a mancanza di informazioni o trasparenza. A noi fa piacere che qualcuno ci solleciti a farlo”
GENDER PARITY, CONFERENZA STAMPA A VENEZIA 75
Paolo Baratta ha poi sottolineato che lo scopo è quello di creare un “database di informazioni più precise”, sottolineando che “conoscere è la migliore arma per una battaglia di qualsiasi genere, su questo ci siamo dichiarati solidali: abbiamo tutto l’interesse anche noi a conoscere. Abbiamo ricevuto 1600-1700 film per la selezione, abbiamo rilevato percentuali indicative: 21-22 per cento di registe femminili, a conferma dell’esistenza del problema!”. Ma questo è solo l’inizio del processo, non bisogna “fare cadere tutto con questa firma sul documento: aggiungiamo, rispetto a altre situazioni, l’impegno che nell’ambito della mostra del cinema ci sia un momento dedicato alla condivisione di tutte le informazioni raccolte nel corso dell’anno, così da individuare campi di ricerca specifi e poter ripresentare opere per la stagione successiva”. Successivamente è intervenuta l’attrice italiana Jasmine Trinca, che ha spiegato:: “Io vorrei ringraziarvi per la vostra attenzione: questo movimento fa parte del 50-50% prima del 2020. Il documento è stato sottoscritto dal Festival di Cannes e da altri Festival, non poteva mancare Venezia. Uno dei punti del documento è quello di eliminare il sospetto della disparità: il discorso che viene portato avanti dai movimenti è un discorso su come il mondo non possa essere a una sola dimensione. Proprio perché parliamo di arte, deve rappresentare il mondo in tutta la sua complessità e varietà. Vogliamo costruire un percorso per guardare questi dati, per capire cosa accade, dove c’è qualcosa che non quadra”.
BARBERA: “NON C’E’ ALCUN PREGIUDIZIO”
Un breve commento della Dugan, che ha tenuto a “sottolineare che il problema non è solo italiano: è un problema mondiale, oggi abbiamo una grande opportunità per iniziare la ricerca per capire”, poi l’analisi di Margherita Chiti: “Ci fa piacere che il discorso su una maggiore parità in Italia parta da Venezia, la conversazione intrattenuta è stata aperta e costruttiva. Questo è l’inizio di un lavoro che dobbiamo fare e che è molto grande”. Infine, il direttore artistico Alberto Barbera: “E’ stata chiarita la posizione della Biennale e la condivisione di obiettivi: questa firma è chiarificatrice di ciò che è implicito in altri documenti. E’ la migliore dimostrazione del fatto che vi è la totale assenza di alcun pregiudizio nella costruzione di un percorso di organizzazione del festival, a partire dai gruppi di lavoro che rappresentano entrambi i generi in egual misura. I programmatori hanno percentuali superiori al 46 per cento. Non c’è alcun pregiudizio nei criteri di selezione. Nelle diverse sezioni del Festival la percentuale è attorno al 22 per cento, è un dato di fatto: corrisponde a una situazione evidentemente sbilanciata e inaccettabile. Non credo al discorso delle quote in arte: in altri ambiti è giusto che esistano, ma in altri conta solo la qualità. L’industria del cinema è maschile, forse maschilista, e ci sono ancora grandi pregiudizi, nonostante esempi che dimostrano il contrario. E’ una situazione che cambierà, ci vorrà forse un po’ di tempo. I pregiudizi sono muri difficili da abbattere, siamo qui per dimostrare quanto noi crediamo in questa cosa. L’impegno che Baratta ha preso è quello di lavorare tutti insieme per contribuire nella misura in cui compete al nostro ruolo, per cambiare questa situazioni”.