Il film "Città d'asfalto" racconta una dura realtà, con urla, grida, sirene e tanto sangue, ma con una luce di speranza

Gli occhi di una bambina che sorride in un letto d’ospedale, ancora attaccata al respiratore ma con lo sguardo rivolto al paramedico che l’ha salvata a rischio della sua vita: in questa scena commovente sta il senso del film Città d’asfalto che il regista Jean-Stéphane Sauvaire ha condotto abilmente dentro una New York attraversata da ambulanze che suonano all’impazzata per salvare chi ha bisogno, chi grida dal di dentro della sofferenza cercando qualcuno che lo tragga fuori.



Città d’asfalto è la storia di un giovane paramedico all’inizio della sua carriera e con il sogno di diventare medico: si chiama Ollie Cross, è interpretato da Tye Sheridan, e lavora su un’ambulanza a New York entrando a contatto con le situazioni più drammatiche. Ciò che Sauvaire racconta è l’inferno, così appare la New York in cui Cross è chiamato a intervenire, vi è sangue dappertutto, situazioni d’overdose, gente che urla, gente che minaccia e tanto, tanto dolore da far scoppiare la testa.



Ollie ha scelto questo lavoro perché vuole fare del bene agli altri, ma ben presto si accorge quanto sia difficile aiutare le persone e a ogni passo gli diventa sempre più evidente che non può salvare nessuno. In questa avventura ha come compagno da cui imparare Gene Rutkovsky, messo in scena da un Sean Penn meraviglioso.

Una scena del film Città d’asfalto

Con lui pian piano si costruisce un rapporto, tra i due nasce un’intesa significativa, anche se Rut mostra i segni di un’insofferenza a tutto quel dolore che incontrano.

Il punto centrale del film Città d’asfalto è la chiamata per intervenire ad aiutare una donna in travaglio, Nia, una donna che è sotto l’effetto dell’eroina. La bambina è nata in una pozza di sangue di una madre sieropositiva, Rut la porta via e non la soccorre, dirà che è nata morta, ma poi una seconda unità di soccorso la rianimerà.

Qui si pone la grande domanda del film Città d’asfalto: Rut decide che quella bambina non si merita una vita di sofferenza, Ollie riconosce che quello è stato un errore. A questo punto il rapporto con Rut diventa drammatico, Ollie fa di tutto per recuperarlo, chiedendogli di riconoscere di aver sbagliato in quel momento così drammatico, Rut riconosce che il suo amico è una brava persona, ma non riesce a superare la lacerazione interiore subita da quel fatto fino a togliersi la vita.

Perso Rut che era stato allontanato dal lavoro prima di uccidersi, compagno di Ollie diventa Lafontaine, interpretato da Michael Pitt, che è il paramedico che vuole dimostrarsi insensibile e superiore, e fa di tutto per far diventare lo stesso Ollie così: lo scontro tra i due è durissimo, Ollie resiste tenendo fede al valore ideale di quello che fa.

Significativo e intenso anche il rapporto con un altro compagno di Ollie, Verdis, interpretato da Gbenga Akinnagbe, il quale gli dice di star vicino a Rut perché in un lavoro così duro si ha bisogno di un amico a sostegno per non lasciarsi prendere dall’inferno.

Ollie Cross passa dentro il dramma della sofferenza e attraversa le tante difficoltà che incontra ogni paramedico arrivando a rafforzare il punto di partenza, che un paramedico aiuta le persone. Non le salverà o qualche volta le salverà, ma ciò che importa, come si vede nelle ultime scene, è che un paramedico è colui che guarda in faccia le persone a cui porta il suo intervento, è colui che si prende cura di loro.

Città d’asfalto è un film duro, di una violenza impressionante, con urla, grida, sirene e tanto sangue, ma con una luce di speranza: sono i volti che trapassano le scene e portano una pace dentro tanto male.

Così anche un paramedico che va a raccontare la verità a una donna che aveva partorito una bambina morta che ora vive e che riconosce il suo errore e quello del compagno, ha un volto con impressa una sensibilità nuova: è questa una scena che si impone dopo tanto dramma comunicando una pace vera.

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