Incontro a Istanbul: posizioni distanti fra Ucraina e Russia. Zelensky preoccupato per le proteste di piazza: sono orchestrate per defenestrarlo?
Le posizioni sono ancora distanti. L’incontro a Istanbul fra Ucraina e Russia non è servito a colmarle, anche se i russi hanno offerto tregue locali per l’evacuazione dei feriti. Zelensky sperava di ottenere almeno un successo diplomatico in una situazione per lui difficile anche dal punto di vista politico, ma torna senza risultati.
Anzi, spiega Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, è preoccupato dalle manifestazioni in corso in Ucraina contro di lui, proteste che, come la storia insegna, rischiano sempre di essere orchestrate da qualcuno che manovra nelle retrovie. L’unico aspetto positivo dell’incontro è la promessa dello scambio di 1.200 prigionieri, ma non basta per riaccendere le speranze di pace. E il presidente ucraino ora teme per il suo futuro politico.
Zelensky voleva il cessate il fuoco e, prima dell’incontro, si è parlato anche della possibile preparazione di un vertice con Putin. Hakan Fidan, il ministro degli Esteri turco, si è detto determinato a trovare una soluzione alla guerra. Alla fine, l’ennesimo incontro di Istanbul è servito a concordare un altro scambio di prigionieri. Un fallimento?
Si tratta di uno scambio abbastanza importante, che coinvolgerà 1.200 persone, però non era sicuramente per questo che le parti si sono incontrate. Mi sembra che entrambe abbiano ribadito le stesse posizioni, almeno la Russia lo ha fatto. A proposito dell’incontro tra Putin e Zelensky, il Cremlino ha commentato che se ne potrà parlare quando ci sarà un accordo di pace. Mosca insiste su questo: vuole un’intesa e poi i due presidenti si potranno parlare.
Che scenario disegna l’esito del summit?
Credo sia significativo il momento nel quale si è svolto e l’apprensione con la quale Zelensky ha seguito l’incontro e avanzato le sue richieste. Vive un momento delicato non solo dal punto di vista operativo, ma anche da quello politico, visto le manifestazioni contro di lui in patria.
La legge con la quale ha ridotto i poteri di due enti anticorruzione, NABU e SAPO, sta facendo discutere in Ucraina. Perché è così importante?
È una legge con la quale cerca di riprendersi una parte della sovranità che aveva ceduto a queste organizzazioni, che facevano parte di un pacchetto di provvedimenti imposti dagli Stati Uniti e dall’Europa per avviare il percorso di entrata nell’Alleanza Atlantica e nell’Unione Europea. Inoltre, lo preoccupa il fatto che si torni a parlare di un ruolo politico per Zaluzhny, ex capo di stato maggiore. È comprensibile che, in questo contesto, il presidente ucraino cercasse di ottenere un successo diplomatico in questi colloqui. Ma non è possibile perché Putin, come ha sempre detto, vuole un accordo di pace e non un cessate il fuoco. Il più deluso dai colloqui sarà Zelensky, che se ne torna indietro con un pugno di mosche e deve affrontare le difficoltà interne, quelle che lo hanno portato a cambiare il suo governo.
Prima dell’incontro i capi delegazione Medinsky e Umerov si sono incontrati con Hakan Fidan: c’è qualcosa di non detto nell’incontro di Istanbul?
Probabilmente questo incontro preliminare era finalizzato a stabilire di che cosa si sarebbe parlato, a dettare le regole della partita. Poi c’è stato l’incontro vero e proprio, che è durato poco, 40 minuti, evidentemente perché, come è stato detto dal negoziatore russo, le parti continuano a essere molto distanti. Poi ci può essere qualcosa di non detto, soprattutto da parte turca, anche se non credo che possa essere qualcosa di significativo, tranne offrire magari l’ospitalità per i prossimi colloqui.
Insomma, Zelensky si aspettava qualche risultato, ma la prospettiva per lui è di continuare la guerra in una situazione sempre più difficile?
Zelensky sta attraversando un momento difficile, anche dal punto di vista internazionale, con problemi di rifornimenti, di armi che tutti promettono e ancora non arrivano. Infine, ci sono delle manifestazioni contro di lui dietro le quali non si sa chi ci sia: abbiamo visto quello che è successo con Euromaidan. Credo che i 50 giorni che Trump aveva dato a Putin riguardino anche, e forse soprattutto, Zelensky. In un momento come questo lui si trova a giocare tutto, pure la sua sopravvivenza politica.
Il fallimento degli incontri, che non continueranno, potrebbe essere farlo vacillare ancora di più? Magari creare le condizioni per una sostituzione?
Quello che teme è proprio questo. Le manifestazioni si sono tenute a Kiev, Kharkiv, Dnipro, Leopoli. Nella capitale ha partecipato anche il sindaco. Il provvedimento che ha scatenato le proteste limita i poteri di strutture volute dagli occidentali, anche se Zelensky dice che in realtà vuole limitare le intromissioni russe. Un corto circuito non da poco. Se fosse come dice Zelensky, vorrebbe dire che le manifestazioni sono a favore di Putin. Noi invece sappiamo che queste strutture sono finalizzate a implementare le riforme necessarie per poter considerare l’Ucraina un Paese occidentale, che può entrare nell’Unione Europea. Zelensky è preoccupato perché il gioco sta diventando sempre più difficile, anche sporco.
Il fronte politico interno sta diventando quello più caldo?
Sì, anche se dal punto di vista militare la situazione è complicata. Le unità e i loro comandanti, che si trovano ad affrontare una situazione con questi punti interrogativi, mi immagino con quale morale stiano combattendo.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.