Da un lato più soldi alla Rai dal canone, dall’altro più spot (e quindi più bilanci “al top”) per La7 e Mediaset: questo sarebbe il piano del Governo Conte sul tema intricato e complesso delle telecomunicazioni svelato oggi in anteprima da Ilario Lombardo su La Stampa. Una sorta di “equilibrismo” in pieno stile giolittiano vedrebbe il Premier impegnato ad una semi-rivoluzione sul fronte tv con Rai, Berlusconi e Cairo interessati ampiamente e in parte tutti maggiori fruitori della proposta dello Stato: stando alle anticipazioni, il Governo lascerebbe maggiore porzione del canone Rai a Viale Mazzini – all’incirca 150-200 milioni di euro – ma in cambio toglierebbe alcune quote sulla pubblicità vendendola invece a prezzi stracciati ai concorrenti. Le lamentele della Vigilanza Rai sulla “poca” quota che alla Rai rimane del canone (dopo la riforma Renzi del 2015, il Cavallo di Viale Mazzini si tiene ‘solo’ 74 euro dei 90 pagati dai cittadini annualmente nella bolletta della luce) si unirebbero così alla richiesta sempre interessata di Cairo e Berlusconi per maggiore distribuzione dei concessionari pubblicitari a prezzi meno “stringenti”, specie in periodo di crisi economica come questo.
IL “PIANO” DI CONTE SULLE TV
Inevitabile il retroscena sul retroscena, con un bel “flirt” che Cairo e Berlusconi potrebbero trarre da questa mossa del Governo Conte: sia sul fronte di “benevolenza” delle televisioni per il Presidente del Consiglio e sia soprattutto per la costituzione di un futuro nuovo accordo di maggioranza con Forza Italia più coinvolta e il Movimento 5Stelle sempre più lontano da Palazzo Chigi, così la Stampa immagina il possibile futuro fantapolitico dietro all’accordo sulle televisioni. «Gli spettatori più interessati a questa vicenda sono Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia e padrone di Mediaset, e Urbano Cairo, editore di La7 e del Corriere della Sera, alle prese con il crollo della pubblicità, causa coronavirus», scrive ancora Lombardo che unisce la polemica sul possibile “dumping” della Rai sulla pubblicità e il futuro della distribuzione concessionaria per le telecomunicazioni italiane.
Il presidente in uscita di AgCom Angelo Cardani nella recente audizione in Vigilanza Rai ha lanciato un’accusa molto netta: «La concessionaria del servizio pubblico aveva posto in essere un sistema non oggettivo e non trasparente per la formazione dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari favorendo una politica commerciale ambigua e potenzialmente lesiva di un corretto assetto di mercato». Palazzo Chigi avrebbe accolto la richiesta per poter permettere – con l’accordo di Forza Italia e Italia Viva (Mulè e Anzaldi in Commissione Vigilanza) – una prossima norma che possa accontentare un po’ tutti, Ora non resta che capire se la trattativa tra Rai e Governo riesca ad impacchettare la norma che imporrà più canone e meno pubblicità: se il “colpo” riuscisse, il Governo avrà messo più di una “mano” sull’intricato e mai risolto rapporto tv-politica.