La Chiesa si oppone alla legge della Corea del Sud sull'aborto: la proposta è quella di supportare le madri durante e dopo la gravidanza
Si è tenuto un paio di giorni fa un importante incontro tra la Chiesa cattolica – rappresentata dal Comitato per la Famiglia e la Vita della Conferenza episcopale – e il governo a maggioranza Dem della Corea del Sud guidato dal presidente Lee Jae-myung, impegnato nelle discussioni su di un disegno di legge che aprirebbe ufficialmente all’aborto: una legge – ovviamente – ampiamente criticata dalla Chiesa e da un folto gruppo di medici, nel timore che possa invertire nuovamente l’appena crescente numero di nascite in Corea del Sud.
Prima di arrivare alla posizione della Chiesa e al contenuto dell’incontro che si è tenuto nei giorni scorsi, vale la pena ricordare che dal 1953 in Corea del Sud l’aborto è sempre stato considerato – in ogni sua forma e accezione – un vero e proprio reato penale: a cambiare le carte in tavola ci ha pensato la Corte costituzionale nel 2019, definendo la legge incostituzionale e chiedendo all’allora governo di legiferare sull’aborto entro un anno.
Tuttavia, un anno dopo la cornice normativa per l’aborto in Corea del Sud non è stata formulata e il reato penale è decaduto ufficialmente: per arrivare alla prima proposta si è dovuto attendere fino a quest’anno e al disegno di legge del quale stiamo parlando, in discussione proprio in queste settimane e che dovrebbe essere approvato – ferma restando la necessaria maggioranza dei rappresentati politici – nell’arco dei prossimi mesi.
Le critiche della Chiesa alla legge sull’aborto in Corea del Sud: “Si ascolti e aiuti la società civile”
Complessivamente, il disegno di legge renderebbe l’aborto una procedura prevista nei parametri del servizio sanitario della Corea del Sud senza alcun riferimento alla possibilità di effettuarlo farmacologicamente tramite le pillole “del giorno dopo” o dei “tre giorni dopo”; mentre al di là del parare positivo da una buona parte della società coreana, aspre critiche al disegno di legge sono arrivate – appunto – dalla Chiesa.
Durante l’incontro con i rappresentati del partito democratico della Corea del Sud, il vescovo Pius Moon Chang-woo ha presentato un documento nel quale sacerdoti e medici lamentano il fatto che la legge rischia di aprire indiscriminatamente e illimitatamente all’aborto, oltre a temere un futuro in cui si potranno comprare i farmaci abortivi in qualsiasi farmacia della Corea del Sud: la richiesta della Chiesa è che si apra un dialogo con la società civile.
L’idea della Chiesa in Corea del Sud, infatti, è che si potrebbero trovare soluzioni alle cause profonde che spingono le donne a preferire l’aborto alla prosecuzione della gravidanza, arrivando a leggi che supportino la loro maternità anche – e forse soprattutto – nel caso in cui siano single e in condizioni economiche sfavorevoli.