Da quando è scoppiata la guerra lungo la Striscia di Gaza fra Israele e Hamas, il dottor Chen Kugel, a capo del Centro nazionale israeliano di medicina legale ad Abu Kabir, è stato costretto a identificare numerose vittime. “L’IDF e la polizia israeliana hanno deciso congiuntamente di condurre il processo di identificazione presso la base militare dell’IDF di Shura – ha raccontato al Jerusalem Post – poiché aveva spazio per 300 corpi. Tuttavia, ci siamo subito resi conto che anche a Shura trovare spazio sufficiente sarebbe stato estremamente difficile, soprattutto perché inizialmente non riuscivamo a distinguere tra i corpi delle vittime e quelli dei terroristi uccisi. Di conseguenza, abbiamo introdotto ulteriori contenitori refrigerati. Somigliava a un porto, ma invece che di merci era pieno solo di cadaveri”.
Sui corpi sono stati quindi eseguiti tutti i test forensi, dalle radiografie alle registrazioni di vestiti e oggetti personali, quindi l’impronta dei denti: “Questo processo richiede molto tempo – ha proseguito il dottor Kugel – e dopo alcuni giorni, ci siamo resi conto che non potevamo esaminare l’enorme numero di corpi in questo modo, quindi abbiamo iniziato a prelevare campioni e inviarli ad altri laboratori per l’elaborazione simultanea. Poi venne anche deciso che tutto ciò che non fossimo riusciti a identificare a Shura, sarebbe stato trasferito all’Istituto Forense”.
DOTTOR KUGEL: “ABBIAMO LAVORATO 24 ORE SU 24”
L’Istituto forense nazionale israeliano è diventato quindi l’epicentro per la gestione dei casi più complessi, leggasi corpi non integri, alcuni in avanzato stato di decomposizione, o bruciati: “Lavoravamo 24 ore su 24 e fortunatamente, come si è visto in tutto il paese in così tanti settori diversi, lo spirito di volontariato ha raggiunto anche noi e diversi specialisti del DNA di laboratori ci hanno offerto i loro servizi. C’erano radiologi che ci hanno aiutato a decifrare le radiografie, Zaka e altri volontari senza alcuna formazione medica ci hanno assistito in tutti i compiti non medici, come la registrazione dei risultati. In tempi normali registravamo l’autopsia e poi qualcuno immetteva i dati nel computer, invece abbiamo optato per registrare tutto in tempo reale su carta in modo da poter accelerare il processo”. E ancora: “Abbiamo avuto anche la fortuna di ricevere aiuto da un professore statunitense che è un antropologo forense”.
Ovviamente ciò che hanno scoperto durante gli esami ha scioccato il dottor Kugel e il suo team: “Ciò che abbiamo visto dal massacro dimostra l’assoluta malvagità degli aggressori. Questo massacro è stato pianificato, lentamente e meticolosamente. Gli attacchi crudeli sono stati deliberatamente progettati per mostrare quanto spietati potessero essere gli autori. Si è trattato di un massacro in stile Isis. Se leghi le persone e poi le bruci vive, o leghi le persone, poi spari loro una per una in testa, o le pugnali più e più volte, poi bruci i loro corpi, o le investi con un’auto , questa è un’indicazione non solo del male, ma del puro sadismo. Questi erano mostri. E non lo fecero solo ai soldati, e nemmeno solo agli ebrei. Perché hanno mutilato anche i lavoratori tailandesi? Come si può fare una cosa simile ai bambini?”. E ancora: “Alcune delle vittime sono state senza dubbio torturate mentre erano ancora in vita. Alcune persone furono bruciate vive. È molto più orribile pensare a quanto hanno sofferto prima di morire. Altri furono feriti a morte e poi lasciati languire per molte ore prima di morire. Semplicemente assolutamente spaventoso”. E non finisce qui, perchè il medico parla anche di abusi sessuali: “Al Forensic Institute gestiamo i casi più complicati e non ci sono molti indizi di abusi sessuali. Ma ci sono stati numerosi casi di abusi sessuali in generale, e questi resoconti sono supportati da testimonianze personali. Il nostro istituto conduce anche esami sulle vittime sopravvissute allo stupro e all’abuso sessuale, fornendo informazioni cruciali per i procedimenti legali”.
DOTTOR KUGEL: “C’ERA UNA BAMBINA CHE…”
Diversi i casi che hanno colpito il dottore israeliano, a cominciare da quello di una bimba: “È difficile per me parlare di questo. Uno dei corpi che ci sono stati inviati era quello di una bambina. Non so cosa le sia successo, ma ho potuto vedere dalla sua espressione facciale che aveva subito un’intensa sofferenza. Forse è tutto nella mia testa e sto solo interpretando ciò che ho visto, ma quando l’ho vista mi sono sentito come se qualcuno mi avesse conficcato un pugnale nel profondo del cuore. E poi c’erano due donne che erano morte abbracciate”.
E ancora: “Erano state bruciate vive. All’inizio non si capiva nemmeno che fossero due persone. Solo quando abbiamo visto nella TAC che c’erano due colonne vertebrali e due serie di costole ce ne siamo resi conto. Tutto era rimasto impigliato in un’unica colonna di ferro. Ogni volta che ricordo questa immagine, mi viene da piangere pensando a quanto deve essere stato orribile per loro morire in modo così orribile”.