Il Rapporto annuale dell'Istat ha ricordato la situazione demografica drammatica del nostro Paese, ancora trascurata dalla politica
Nei giorni scorsi è stato presentato dall’Istat il rapporto annuale sulla situazione del Paese, che studia, numeri alla mano, quello che accade all’interno della Penisola in termini sociali, demografici ed economici: già solo da una veloce lettura dell’indice di tale analisi si può evincere come queste tre tematiche, che a loro volta possono essere sviluppate in dettaglio, siano strettamente legate tra loro.
Per quanto riguarda in particolare l’aspetto demografico non c’è stata alcuna reazione da parte della politica, se non momentanea, ai sempre più allarmanti dati esposti. Dati non nuovi e che non necessitano di commenti diversi da quelli degli ultimi anni: in fin dei conti che l’indice di fertilità sia arrivato a 1,18 dall’ 1,20 dell’anno prima, oltre a segnare un record negativo assoluto (il precedente era del 1995) non cambia poi molto il già catastrofico andamento demografico, né l’analisi di quello che la crisi demografica porterà nei prossimi anni e che ha già portato.
Tale crisi demografica purtroppo, tanto grave che il già insufficiente tasso di fertilità di 1,46 figli per donna del 2010 sembra un miraggio e al tempo stesso un augurio, non è percepita come una problematica grave sia del presente che del futuro.
Servono alcuni cambiamenti da fare in un tempo relativamente breve: in primo luogo bisogna agire sull’età media delle donne al primo figlio, arrivata a 31,7 contro i 29,8 della media europea: con l’avanzare dell’età è biologicamente più difficile avere altri figli, quindi uno degli aspetti principali è consentire, a chi desidera avere figli, di essere in una situazione tale da poterli fare. Tale dato, infatti, unito al desiderio di fare figli delle giovani generazioni, molto superiore al tasso di fertilità attuale, indica una situazione sociale sfavorevole per chi vuole fare famiglia e avere dei bambini.
Tra i tanti ostacoli basta ricordare la dinamica professionale dei lavoratori dipendenti, tra stage, contratto determinato, eventuali rinnovi e, forse, il contratto indeterminato, che dà una certa prospettiva di stabilità alla persona consentendole di provare a ipotizzare il futuro su una basa lavorativa certa. A questa tematica si unisce il complesso tema dei bassi salari, non all’altezza del costo della vita, soprattutto nelle grandi città come Milano, a sua volta aggravato dal fenomeno della bolla immobiliare di questi anni, con condizioni d’affitto o d’acquisto difficilmente alla portata del ceto medio.
Come se non bastasse, anche la situazione internazionale, tra inflazione, guerre, dazi e politiche della Banca centrale europea fino a poco tempo fa restrittive, non agevola il già complicato terreno economico.
La crisi demografica, unita a una bassa mortalità e a una sempre più alta longevità (due fattori ovviamente positivi), porta inoltre con sé l’ormai noto problema di welfare, con una fascia di popolazione anziana sulle spalle di una fascia lavorativa sempre più piccola; la situazione, oltre a peggiorare per i noti dati citati, subirà un’impennata negativa con la fuoriuscita della generazione dei baby-boomer che andrà a ingrossare ancora di più la già ampia fascia anziana.
Dinnanzi a questa breve carrellata di dati è urgente dunque muoversi in più direzioni come l’inserimento nel mercato del lavoro, la politica salariale e la tassazione familiare (argomento già trattato in diversi contesti). Allo stesso tempo è evidente che se la situazione non migliorerà nel giro di pochi anni sarà da ripensare anche il welfare del Paese, con la consapevolezza che, come si evince dai dati sempre più in calo, non basterà affidarsi alle giovani generazioni straniere per risollevare il tasso di natalità e continuare con un modello che è destinato a collassare.
Creare un contesto dove le giovani coppie siano messe nelle condizioni di poter divenire famiglia e generare figli è il primo passo verso una ripresa demografica che, non più rinviabile da anni, appare sempre più difficile.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
