Macron non si dimette, cerca un nuovo premier in 48 ore per una maggioranza e approvare la legge di bilancio. Corsa contro il tempo.
A Parigi, Macron sceglie di non dimettersi, ma di rilanciare. Dopo l’annuncio – «Ho finito il mio compito, un nuovo premier sarà nominato entro 48 ore» – del ministro del Territorio Lecornu, il Presidente della Repubblica decide di rimanere all’Eliseo. È deciso a chiudere la crisi di governo più veloce della Quinta Repubblica. Il suo obiettivo è doppio: nominare un premier che possa avere, senza incertezze di sfiducia, una maggioranza e assicurare, entro la fine di quest’anno, la legge di bilancio.
La scelta si restringe alle persone che riuniscano una certa esperienza, un certo consenso parlamentare e una certa tempestività istituzionale. In prima fila Gabriel Attal, ex primo ministro, giovane nella fisionomia della Renaissance, che garantisce la continuità e la compiacenza politica, pur avendo con il presidente Macron, da molto tempo, un rapporto complesso. Tuttavia, nel gioco delle ipotesi, non è da sottovalutare il ruolo del drappello di centristi, in modo tale da confortare gli amici di Bruxelles e da non alimentare i sospetti di un gentiluomo troppo liberale a Parigi.

C’è chi punta gli occhi su Édouard Philippe, già primo ministro dal 2017 al 2020, figura rispettata in Europa e presso i mercati. La sua nomina significherebbe un ritorno a equilibrio e autorevolezza istituzionale; ma le divergenze cresciute nei mesi passati tra lui e il Presidente rendono la candidatura più ardua.
Non è da scartare la signora Yaël Braun-Pivet, presidente dell’Assemblea nazionale: donna di consenso, di moderata temperie, saprebbe forse trarre a un arco parlamentare un poco più largo la necessaria persistenza; incarnerebbe un governo ponte verso l’uscita dal labirinto. Restano in ombra le figure di Bruno Retailleau, gollista e già ministro dell’Interno con Lecornu, e dei due socialisti Olivier Faure e Raphaël Glucksmann, che insieme potrebbero entrare nel gioco solo nel caso Macron decidesse di aprire a una formula più larga per guadagnare tempo.
La corsa contro il tempo e contro i numeri è dunque corsa al nuovo premier: l’Assemblea resta tripolare e frammentata, la sinistra è spaccata e il Rassemblement National, oggi primo partito nei sondaggi, non intende prestarsi a soluzioni di responsabilità nazionale.
Da qui l’assillo di un nome “disponibile subito”, capace di non esser travolto alla prima difficoltà e di condurre la macchina dello Stato almeno alla sessione di bilancio d’ottobre. In un contesto in cui all’instabilità politica si aggiunge il peso d’un debito oltre i 3.300 miliardi, la parola che per Macron è una sola è: resistere, resistere fino all’ultima frontiera che ancora separa la Francia dall’apertura delle urne.
L’assillo inatteso da parte di Macron è fissato per venerdì sera. Sarebbe indizio significativo non solo per misurare la tenuta del “macronismo”, ma pure per giudicare la resistenza della Va Repubblica allo stress istituzionale.
