ILVA TARANTO/ Riesame: la chiusura è solo una delle scelte possibili
Il Tribunale del Riesame ha depositato le motivazioni in virtù delle quali lo scorso 7 agosto si era pronunciato stabilendo il sequestro degli impianti a caldo dell’Ilva di Taranto.

Il Tribunale del Riesame ha depositato le motivazioni in virtù delle quali lo scorso 7 agosto si era pronunciato stabilendo il sequestro degli impianti a caldo dell’Ilva di Taranto. I giudici non hanno concesso la facoltà d’uso facendo, oltretutto, presente che tale possibilità non sarebbe stata richiesta neanche dai legali dello stabilimento. Il Tribunale, disponendo che i reati contestati nel provvedimento cautelare non vengano perpetrati, ha spiegato che il disastro ambientale si è prodotto a causa di un’attività inquinante derivante da scelte libere e consapevoli dei dirigenti e della proprietà. Un giudizio analogo è stato espresso dal ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che, nel corso di una conferenza stampa nell’ambito del Meeting di Rimini si è detto convinto che tutta la vicenda derivi da un «un groviglio di responsabilità dell’azienda, potere amministrativo politico e burocratico». Secondo i magistrati, il danno è tuttora in atto e per poterlo eliminare è necessario che quanto prima siano messe in atto tutte le misure necessarie per adeguarsi alla normativa europea. Donato Stefanelli, segretario della Fiom di Taranto, in un’intervista che sarà pubblicata su IlSussidiario.net, ha spiegato che non tutto è perduto: l’Ilva dispone di una quarantina di giorni per realizzare un programma ove si identifichino gli interventi, e i relativi investimenti, per poter mettere in sicurezza lo stabilimento, adeguarsi agli standard europei e poter così ottenere la nuova Autorizzazione integrata ambientale (AIA). D’altro canto, il Tribunale ha anche comunicato un’importante novità rispetto all’orientamento sin qui assunto. I giudici, infatti, hanno sottolineato come lo spegnimento degli impianti sia una delle scelte tecniche possibili. Ma non l’unica. Non è «compito del tribunale – si legge nelle motivazioni – stabilire se e come occorra intervenire nel ciclo produttivo (con i consequenziali costi di investimento) o, semplicemente, se occorra fermare gli impianti». Tali decisione vanno assunte in base a procedimenti e valutazioni tecniche. Compito che, sempre secondo i giudici, spetta ai custodi custodi-amministratori (di cui fanno parte il presidente e rappresentante legale dell’azienda Bruno Ferrante, gli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento).
Costoro dovranno garantire la sicurezza degli impianti e consentire il loro utilizzo per dar vita a tutte quelle «misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti». Il ministro Corrado Clini, a margine del Meeting, ha salutato la notizia con soddisfazione, facendo presente come sia ora possibile una collaborazione tra il governo e la magistratura per sanare il danno ambientale e, contestualmente, preservare i posti di lavoro.
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