Tutti, in questi giorni – cattolici e non – vogliono sapere cosa accade in Vaticano: cosa si diranno, tra di loro, i cardinali? Quali criteri peseranno per la scelta del nuovo Pontefice? Sarà italiano o straniero? Quanto ci metteranno a decidere? E, ovviamente: chi sarà? Le informazioni, ovviamente, scarseggiano. I porporati sono tenuti, in larghissima pare, alla segretezza. E lo saranno in misura assoluta dall’inizio del Conclave, martedì 12. Quel che si può fare è ipotizzare scenari verosimili. Ricostruire alleanze e orientamenti. Basandosi sulla storia personale dei protagonisti dell’assemblea che eleggerà il successore di Ratzinger, sui fatti recenti accaduti Oltretevere, e sulle sfide che il futuro Papa dovrà affrontare, chiunque esso sia. Giacomo Galeazzi, vaticanista de La stampa, in questi giorni è spesso all’interno della Mura Leonine. Gli abbiamo chiesto cosa sta realmente avvenendo.
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Anzitutto, che clima si respira?
C’è la forte aspettativa del ritorno di un italiano. E del fatto che, già da mercoledì, si conoscerà il nome del prossimo Pontefice.
Come fa a saperlo? I cardinali, con i giornalisti, salvo rare eccezioni, si limitano a dire “buongiorno”…
Parlano parlano… In forma riservata, ovviamente.
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Possono?
Certo, dipende da cosa dicono. Non violano di certo la segretezza delle Congregazioni, ma si limitano ad esprimere valutazioni personali.
Quali, per esempio?
I cardinali stanno cercando, semplicemente, il miglior profilo possibile. Considerando che c’è un’emergenza: il Papa si è dimesso perché non ha più energie. Ma lo ha fatto denunciando le divisioni che deturpano il volto della Chiesa. Siamo in una fase di grande sgomento per i fedeli. La priorità, quindi, è individuare il successore in grado di prendere il posto di Ratzinger.
Quanto peserà nella scelta il criterio geografico?
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Molto. Indubbiamente, il prossimo Papa dovrà manifestare una certa apertura rispetto agli altri continenti e, specialmente, rispetto a quelli in via di sviluppo. Ma non è quello decisivo. Quel che conta è la persona. Che dovrà disporre di un mix di caratteristiche. In particolare, non dovrà appartenere alla Curia (per essere, in questo modo, alieno a tutti gli scandali legati a Vatileaks), ma dovrà essere in grado di governarla e riformarla. Si cercherà, inoltre, un Papa che abbia un peso teologico e dottrinale analogo a quello di Ratzinger. E l’unico che assomma questi tratti è Scola.
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Tattiche, strategie, interessi personali, divisioni, rancori e inimicizie connoteranno realmente il Conclave?
No. Si tratta di associazioni di idee che nascono da un’interpretazione esclusivamente politica delle vicende. Quel che ha a cuore la stragrande maggioranza dei cardinali è il bene e l’unità della Chiesa.
Quanto importa ai cardinali di conoscere il contenuto di Vatileaks?
Vogliono capire cosa sia successo. Quel che è certo è che la vicenda viene identificata come romana e curiale. Tutti i vescovi e cardinali residenziali a capo di Diocesi, quindi, hanno evidentemente una chance di successione in più.
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Si suol dire che, almeno negli ultimi cent’anni, il Papa successivo è sempre stato indicato da quello precedente.
E’ così. Lo ha fatto anche Ratzinger. Se potesse votare – lo ribadisco -, voterebbe per l’arcivescovo di Milano. E i cardinali che ha nominato voteranno sicuramente il suo “candidato”. Non dimentichiamo, infine, che più di metà dei porporati del Collegio sono stati creati da Benedetto XVI.
(Paolo Nessi)