Il giorno 5 maggio è dedicato a sant’Angelo di Gerusalemme, città dove nacque nel 1185. I genitori erano ebrei ma convertiti al cristianesimo e, una volta morti, sant’Angelo ed il fratello Giovanni entrarono nell’ordine dei Carmelitani. Nel corso del XIII secolo l’ordine mutò da contemplativo a mendicante a seguito dell’introduzione in Occidente. All’età di 25 anni, sant’Angelo viene ordinato sacerdote e nel 1218 gli fu ordinato di recarsi a Roma dal papa Onorio III per ottenere la conferma definitiva della Regola del Carmelo, concessa dal Pontefice qualche anno più tardi (1226). Successivamente venne mandato in Sicilia a predicare contro i cosiddetti catari (degli eretici che vivevano sull’isola). Quella dei catari era un’eresia che portava a condannare elementi carnali e terreni, negando la resurrezione delle carni oppure predicando il vegetarianismo. Tra i catari vi erano “credenti” e “perfetti”, i quali erano decisamente più fedeli alla filosofia catara tanto da farsi addirittura morire di fame. In provincia di Agrigento, nella cittadina di Licata, sant’Angelo incontrò un signorotto del luogo di nome Berengario. Egli era un cataro assai ostinato che viveva in un contesto incestuoso. Sant’Angelo convinse la donna di Berengario a lasciarlo ed egli dalla rabbia finì per assalirlo durante una delle predicazioni presso la chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, tanto da ferirlo a morte con ben cinque colpi di spada. Sant’Angelo, agonizzante, venne portato in una casa nei pressi della chiesa e morì qualche giorno dopo a causa delle ferite inferte. Il giorno della sua morte era il 5 maggio del 1225. Fino alla fine, sant’Angelo chiese agli abitanti di Licata e ai fedeli di perdonare il suo aggressore. Venne seppellito nella medesima chiesa in cui avvenne il suo ferimento, facendo divenire il proprio sepolcro una delle maggiori mete di pellegrinaggi, favorendo una veloce diffusione del suo culto.
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L’ordine dei Carmelitani venera sant’Angelo come un santo dal 1456, tanto che Papa Pio II finì per approvarne il culto. Nel 1664 le sue reliquie vennero spostate in una nuova chiesa, costruita sempre nello stesso punto dopo la liberazione della città da parte della peste grazie a un miracolo del santo. Nell’arte iconografica religiosa, sant’Angelo viene rappresentato con una spada che gli trafigge il cuore assieme alla palma del martirio in mano e con tre corone che simboleggiano la verginità, la predicazione ed il martirio. Il culto di questo martire favorì moltissimo l’espansione e la diffusione dell’ordine dei Carmelitani in Italia ed in Sicilia in particolar modo.
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Viene celebrato a Licata, città di cui è patrono. Le celebrazioni in onore del santo durano qualche giorno e prevedono processioni dove vengono posti cinque ceri sopra torri in legno alte 5 metri. I ceri rappresentano i ceti di marinai, massari, pastori, contadini e agricoltori. Nel giorno 5 le reliquie del santo vengono portate in processione a spalla da membri dei vari ceti vestiti con costumi tradizionali. Una delle principali usanze rimaste ancora è quella dei contadini di ringraziare sant’Angelo per il raccolto dell’anno portando in chiesa i cosiddetti “muli bardati a gesta” e un’offerta di denaro per il parroco. Durante i giorni della festa è possibile trovare numerose bancarelle come un vero e proprio mercato, oltre a diverse esibizioni di musicisti, cantanti e artisti nella piazza principale del paese. Ogni anno tantissime persone provenienti anche da zone limitrofe vengono a partecipare alla festa di Licata.
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Il 5 maggio ricorrono anche Sant’Avertino, San Geronzio di Milano, Santa Prisca e Sant’Eutimio da Alessandria.