Ucciso da un tassista che aveva fatto inversione mentre in moto andava a vedere suo figlio nato quella notte, la mamma di Gabriele Simonacci racconta la storia
Le strade delle grandi città sono piene di piccole lapidi nascoste da mazzi di fiori, pali della luce o alberi sotto cui spunta una foto, un ricordo. Sono sporche del gas di scarico di mille macchine, perché si trovano sempre lungo strade a grande percorrenza. Sono il ricordo dei familiari per un figlio, una moglie, un fratello morto in quel punto per un incidente. Perché nelle grandi città si muore quasi quotidianamente: il traffico intenso, le manovre spericolate di chi vuol fare prima, la disattenzione, i pedoni schiacciati anche sulle strisce pedonali, le manovre fuori del codice stradale. Nelle grandi città si esce al mattino per andare al lavoro e ci si fa il segno della croce perché non si sa se alla sera tornerai a casa vivo. Come successo a Gabriele Simonacci un anno fa a Roma, un bel ragazzone che faceva il barista all’Argot.
LA MANOVRA DEL TASSISTA
Quella notte sua moglie stava partorendo, stava nascendo suo figlio e lui, finito il turno di lavoro, era saltato in moto per correre all’ospedale. Purtroppo in quel punto di Corso Vittorio a Roma c’è una pessima abitudine, quella dei tassisti della locale stazione dei taxi che quando ricevono una chiamata fanno inversione a U se devono andare in quella direzione. Quella mattina un tassista ha fatto la manovra, vietata dal codice stradale, e ha centrato in pieno Gabriele, uccidendolo. Morto mentre suo figlio stava nascendo, un figlio che non conoscerà mai il padre, una mamma che ha dovuto vivere contemporaneamente la gioia e il dolore più grandi. Oggi grazie all’iniziativa della mamma di Gabriele, Olimpia, sul luogo dove il figlio è morto è stata messa una targa commemorativa e intorno a un albero di piazza della Chiesa tanti fiori: «Coltiveremo questo piccolo giardino e tu illuminerai tutti noi con il tuo sorriso». Davanti a quell’albero dove gli amici avevano messo la sua maglietta di calcio, la madre non ha voluto passare per lungo tempo. Oggi dice: «vorrei che fosse un luogo di riflessione, per tutti anche per i tassisti, su ciò che continuano fare. Con il solo messaggio di un giovane che amava la vita: per farci pensare e vivere bene».