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Home » Cronaca » Pentita di ‘ndrangheta, “io, morta che cammina”/ Video, “Protezione non funziona”

  • Cronaca

Pentita di ‘ndrangheta, “io, morta che cammina”/ Video, “Protezione non funziona”

Dario D'Angelo
Pubblicato 27 Febbraio 2019
Bimba in coma per una pallottola sparata dalla polizia

Immagine di repertorio (LaPresse, 2019)

Maria Vallonearanci, con le sue dichiarazioni ha fatto creato molti problemi alla 'ndrangheta. Ora ha rinunciato al programma di protezione per i pentiti...

Dopo l’inchiesta del Corriere della Sera sulle falle presentate dai programmi di protezione che dovrebbero garantire la sicurezza dei collaboratori di giustizia, a Maria Vallonearanci, pentita di ‘ndrangheta, è arrivata una telefonata da Rossano, in Calabria, direttamente in Germania:”Ci confermi che davvero non vai a testimoniare?”. Era stata proprio lei ad ammettere amara:”Il sistema di protezione dei collaboratori di giustizia non mi ha garantito la tutela dei figli minori e un nome di copertura. Se così stanno le cose io ai processi non mi presento”. Le sue parole in Germania hanno generato un vero e proprio caso di cui si è occupata anche Rtl, la prima rete nazionale, perché Maria ha rifiutato la protezione dello Stato italiano e adesso si nasconde nei land tedeschi (qui il suo racconto riportato dal Corriere in una video-intervista). Chi prova a garantirle un po’ di sicurezza è la polizia teutonica:”Lo fanno in via ufficiosa, non potrebbero e non sono obbligati”. Una sconfitta che un Paese civile non può accettare.


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CHI E’ MARIA VALLONEARANCI

Ma chi è Maria Vallonearanci, la pentita che la ‘ndrangheta vuole eliminare? Come spiegato dal Corriere della Sera, la donna era sposata con Natale Acri, capobastone del clan Acri-Morfò di Rossano, in provincia di Cosenza. Il suo pentimento l’ha portata a testimoniare contro 28 affiliati in due importanti processi come «Stop» e «Stige» che hanno portato in carcere circa duecento persone, tra cui imprenditori e politici. La donna, che ha denunciato il suo stesso ex marito, si rivelò decisiva per portare alla luce i traffici illeciti tra Calabria e Germania che avevano come fulcro il fittizio “Inter Club” di Fellbach, vicino Stoccarda, un luogo che fungeva da deposito di droga e banconote false oltre che da sede per i summit di mafia. La ‘ndrangheta, come confermato da Maria, costringeva la rete di ristoratori italiani del Baden Wuttemberg a comprare olio, vino, frutta, pesce e lavorati per la pizza solo da “mamma ‘ndrangheta”. Era la stessa Maria a punire quelli che non pagavano il pizzo:”Mi chiesero di incendiare l’auto a un ristoratore che nel Baden non voleva pagare”.


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MARIA VALLONEARANCI, “SONO UNA MORTA CHE CAMMINA”

Maria Vallonearanci, però, non ha trovato nello Stato la risposta che si sarebbe aspettata, al punto da preferire alla protezione della polizia italiana quella che può garantirsi coi suoi movimenti, pensando con la testa di chi la ‘ndrangheta l’ha conosciuta dal suo interno. La donna spiega:”Qui rischio tutte le mattine, sono una morta che cammina. Dal carcere di Milano dove è recluso Tonino Palmieri (il boss che gestiva i traffici illeciti attraverso l’«Inter club» di Fellbach) mi sono arrivate delle lettere di minaccia. Dice che se mi presento ai processi non vedrò i miei figli crescere”. La decisione di ritirarsi dal programma di protezione potrebbe apparire drastica, eppure è motivata:”I miei figli non potevano andare a scuola perché c’erano problemi con i nomi di copertura; a Lucca sono stata trasferita in un appartamento dove scopro che il mio vicino di casa era un avvocato del mio stesso paese, Rossano, nipote di avvocati che la ‘ndrina aveva a libro paga; nel ritirare la pensione di invalidità di mia figlia (nella località segreta) scopro che all’ufficio postale di Rossano conoscevano dove e in che giorno la riscuotevo; quando mia figlia ha avuto bisogno di alcuni interventi chirurgici non ho potuto chiedere assistenza all’Asl perché i documenti di copertura che mi fornirono non lo consentivano… Presa dalla paura, ho rinunciato al programma e mi sono nascosta in Germania, prima dai miei genitori a Winnenden e poi in altri land”. Da qui quella tremenda consapevolezza, “sono una morta che cammina”. Perché la ‘ndrangheta, come conferma il caso Bruzzese, non dimentica. Purtroppo a volte lo Stato sì.


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