Niccolò Patriarchi uccise il figlio di pochi mesi a coltellate, provò a buttare giù dal terrazzo la figlia di 7 anni e ferì in modo grave la sua convivente. Il ricordo della tragedia di Scarperia, risalente al 14 settembre 2018, torna oggi con la notizia del ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro lo Stato italiano. Lo ha presentato l’avvocato della donna, Massimiliano Annetta. L’accusa rivolta allo Stato è di aver violato il diritto alla vita perché non è stato in grado di adottare le misure necessarie alla protezione dei suoi cittadini. «Esiste un precedente con una condanna da parte della Corte nei confronti dell’Italia», ha spiegato il legale a La Nazione. Il ricorso è legato al fatto che prima dell’omicidio del bambino la donna aveva presentato diverse denunce nei confronti del convivente. L’uomo era stato descritto come socialmente pericoloso in una perizia che era stata disposta dal gip di Firenze nell’ambito di una precedente inchiesta per maltrattamenti, sempre nei riguardi della donna.
DELITTO SCARPERIA, RICORSO MAMMA ALLA CORTE EUROPEA CONTRO STATO
Questo particolare è emerso dagli accertamenti eseguiti dopo l’omicidio del piccolo Michele. Niccolò Patriarchi doveva curarsi e poteva essere controllato coi farmaci. L’avvocato Massimiliano Annetta ha anche spiegato, come riportato da La Nazione, che l’uomo era stato condannato per episodi violenti nei confronti della precedente compagna, quando viveva in provincia di Arezzo. Il piccolo Michele Patriarchi, ucciso a coltellate dal padre, sarebbe morto per recisione dell’aorta toracica. A stabilirlo l’autopsia. Secondo quanto ricostruito, il padre, Niccolò Patriarchi, avrebbe strappato il bambino dalle braccia della madre, poi lo avrebbe appoggiato sul pavimento del terrazzo di casa, infine lo avrebbe colpito a morte con un coltello da cucina. Le coltellate inferte sarebbero state sei, tutte alla schiena. Dunque, quella mortale avrebbe parzialmente reciso l’aorta toracica del piccolo Michele.