Sono passati 26 anni ma oggi tutti gli imputati nel processo sul sangue infetto contro l’ex direttore sanitario del servizio farmaceutico del Ministero della Sanità Duilio Poggiolini sono stati assolti: tutti, compreso l’ex manager, hanno ricevuto la sentenza definitiva sull’assoluzione «per non avere commesso il fatto», visto che per il giudice del Tribunale di Napoli «non è possibile stabilire quale emoderivato avesse causato il contagio per ogni singolo paziente». Sentenza choc e bufera giudiziaria pronta ad “esplodere” nelle prossime settimane quando emergeranno le motivazioni sulla assoluzione “di massa” per gli 8 imputati e causati di omicidio colposo plurimo riferite alla morte di otto persone, l’ultima purtroppo mancata nel 2011. 2 anni di processo, 60 udienze e oggi il giudice Antonio Palumbo ha emesso la complessa sentenza che di fatto assolve Poggiolini e tutti gli ex dirigenti e tecnici del Ministero: secondo il pm Lucio Giugliano, come esposto in requisitoria, l’associazione era la via più probabile e verosimile visto che lo stesso procuratore non riteneva possibile accertare – pur in presenza di un nesso di causalità fra i decessi e la somministrazione del prodotto – quale effettivo emoderivato avesse provocato il contagio del singolo paziente. «Sono stati necessari ben 23 anni per liberare il mio assistito da una così pesante contestazione. Questo al netto di ogni considerazione, sull’assenza totale di qualsiasi elemento probatorio concreto per ritenere sussistente un rapporto di causalita’ tra le infezioni ed i decessi, nonché sulla prova di condotte omissive in relazione ai protocolli amministrativi che venivano aggiornati tempestivamente e parallelamente ai progressi del mondo scientifico sulle procedure di inattivazione virale ed individuazione dei vari virus in esame», ha fatto sapere l’avvocato difensore di Duilio Poggiolini.
L’INCHIESTA E L’ASSOLUZIONE DOPO 26 ANNI
Ricordiamo come l’inchiesta sul sangue infetto coinvolse, in piena Tangentopoli (Poggiolini fu anche membro della Loggia massonica P2, ndr) l’ex direttore sanitario del Ministero e i tecnici-manager Enzo Bucci, Giovanni Rinaldi e Roberto Passino: nel processo si cercava di stabilire se vi fosse responsabilità diretta tra la morte dei pazienti emofiliaci e il virus contratto dopo la somministrazione di emoderivati presunti infetti. A partire dal 1979 migliaia e migliaia di malati italiani vengono contagiati a causa di sangue infetto ed emoderivati dovuti a sacche di plasma infetto dal virus dell’HIV e dell’epatite C: lo scandalo che esplose poi durante le inchieste di Mani Pulite vedevano diversi esponenti della Sanità italiana “coperti” da presunti favori e regalie ai politici regionali e nazionali. Secondo le accuse, Poggiolini avrebbe «favorito le aziende Sclavo e Farmabiagini attraverso omissioni, agevolazioni e autorizzazioni», riporta Fanpage. Prese tutto inizio nel 1993 con diverse sacche di sangue utilizzate che risultarono infettati dai virus HIV e Epatite B: 26 anni anni dopo l’inizio dell’inchiesta giunge la prima sentenza che di fatto annulla di nuovo tutto, facendo ricominciare da capo le prossime inchieste sul caso “sangue infetto”. Nel frattempo, come sottolinea il Quotidiano Sanità, a fronte della richiesta di assoluzione avanzata nelle scorse udienze dalla Procura della Repubblica di Napoli (pm Lucio Giuliano), «il Ministero della Salute ha rinunciato alle conclusioni, decadendo così dalla costituzione di parte civile».