Quella di Giuseppe, malato terminale 81enne di Marrubiu (Oristano) è una storia “estrema”, ma purtroppo non unica nel suo genere: è la vicenda di un disabile, impossibilitato a camminare dopo una frattura al femore, che vive di fatto prigioniero della sua abitazione da due anni. Il motivo? Le barriere architettoniche che nonostante gli sforzi del figlio, il 51enne Maurizio Colombu che per assisterlo ha anche smesso di lavorare, non si riescono a sfondare. E’ stato proprio lui a raccontare questa assurda storia a La Nuova Sardegna:”Noi viviamo al terzo piano di una palazzina Area (Agenzia regionale per l’edilizia abitativa, ndr), senza ascensore. Abbiamo chiesto più volte di poter almeno installare un montascale, ma non ci hanno mai dato risposta. E ora, tre volte alla settimana, quando mio padre deve sottoporsi alla dialisi, pago una persona che ci aiuti a percorrere quelle rampe di scale che in queste condizioni, vi assicuro, sono peggio che arrampicarsi su una montagna”. La situazione è diventata insostenibile:”Eppure basterebbe poco, almeno poter ampliare la stanza da bagno che per lui è diventata inarrivabile al punto che deve lavarsi e persino fare i bisogni in camera da letto. Ma Area non ci concede di fare quei lavori e noi abbiamo chiesto un’altra casa, che fosse al piano terra, ma ci dicono sempre che non ce ne sono, che dobbiamo aspettare”.
DISABILE PRIGIONIERO IN CASA DA 2 ANNI
Il figlio di Giuseppe si è rivolto anche al sindaco del suo Comune, ricevendo in cambio soltanto promesse. Non è andata meglio quando Maurizio ha tentato un’approccio con l’agenzia regionale:”Ci siamo rivolti anche a un avvocato che ha scritto per ben quindici volte ad Area, allegando certificati medici e persino i testi di due leggi. Non è servito”. Di fatto la prigionia di Giuseppe è diventata anche quella di Maurizio:”Viviamo isolati dal mondo ed è pesantissimo. Se devo andare a fare la spesa, devo pagare una persona che stia con lui. Da quando poi, le sue condizioni di salute si sono aggravate, la solitudine per lui è diventata come un macigno e per poter parlare un paio di volte alla settimana deve venire un assistente a pagamento e per noi, che viviamo della pensione di mio padre, dato che io ho dovuto rinunciare a lavorare, tutto è molto complicato”. Oggi l’estremo tentativo, sensibilizzando un intervento risolutivo grazie all’intermediazione di Pomeriggio 5:”Un detenuto vive sicuramente meglio di mio padre almeno chi è in prigione ha diritto all’ora d’aria, per lui invece, neppure quello”.