E’ lo scrittore cinese Mo Yan il vincitore del prestigioso premio Nobel 2012 per la letteratura. Si stanno infatti per concludere le assegnazioni l’ultima delle quali sarà quella per la pace. Assegnate nei giorni scorsi le onorificenze alla medicina, chimica e fisica. Mo Yan è da tempo considerato lo scrittore cinese vivente più significativo, vero nome Guan Moye. Nato nel 1955, è stato protagonista e vittima come quelli della sua generazione dei danni della rivoluzione culturale che lo ha costretto ad abbandonare gli studi per lavorare nei campi, dove ha fatto il guardiano di mucche e pecore. I primi segnali della sua vocazione letteraria sono giunti quando si trovava a fare il soldato nell’esercito cinese. Diventa quindi insegnante all’accademia culturale militare. La sua opera più conosciuta è il romanzo Sorgo rosso da cui ha tratto da solo anche la sceneggiatura per l’omonimo film che nel 1988 vinse l’Orso d’oro al festival di Berlino. Figura scomoda nella Cina comunista, ha saputo raccontare nei suoi libri la tragedia della società cinese tra dittatura e cambiamenti sociali epocali anche se non è considerato un dissidente dal regime stesso che lo rispetta e lo celebra. Il suo libro Grande seno, fianchi larghi, un’opera monumentale di 900 pagine, è stata però censurata nel suo Paese. E’ la storia di diverse generazioni di cinesi attraverso la Cina del novecento. la motivazione con cui ha vinto l’oscar: “Per il suo realismo magico che mescola racconti popolari, storia e contemporaneità”. Non è considerato dissidente ma non manca di far sentire la sua voce contro, ad esempio nel libro Rane che mette sotto accusa la politica cinese della pianificazione familiare. Secondo alcuni, il tema del suo lavoro letterario è quello della ricerca delle radici del suo Paese e del suo popolo e infatti lui stesso ha dichiarato di “voler dissodare in profondità la terra dove è nato e cresciuto”. In un’altra dichiarazione ha detto: “Io penso che la letteratura deve presentare la realtà di un dato paese. Ora c’è la modernizzazione, e va bene, a Pechino abbiamo i grattacieli, prima si viveva nella miseria, nessuno stava bene, né gli operai , né i contadini, né i soldati, ora c’è chi sta meglio, qualcuno sta meglio. Ma se la cultura muore, come si può stare meglio?”.
Aggiungendo: “Così posso dire che sono pessimista, nelle campagne la gente è ancora molto povera, tutti pensano a cose materiali. Certo, rispetto a cinquant’anni fa c’è stato un cambiamento ma cambiare non è sempre migliorare, il che non significa che io voglia tornare indietro, no”.