Ieri è arrivato l'annuncio ufficiale: la cucina italiana è stata inserita tra i patrimoni culturali immateriali dell'umanità
Sarà un caso, ma proprio alla vigilia della ripartenza dell’ormai classico “Masterchef Italia” (stasera su Sky il via alla quindicesima edizione), il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito in India, a New Delhi, ha inserito la cucina italiana tra i patrimoni culturali immateriali dell’umanità, prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua intera complessità, sostenendo che “è una miscela culturale e sociale di tradizioni culinarie, un modo per prendersi cura di se stessi e degli altri, esprimere amore e riscoprire le proprie radici culturali, offrendo alle comunità uno sbocco per condividere la loro storia e descrivere il mondo che li circonda”.
Non si tratta, dunque, di un riconoscimento a uno degli innumerevoli piatti pur iconici della nostra cultura gastronomica, ma al “cucinare all’italiana”, una tradizione che “favorisce l’inclusione sociale, promuovendo il benessere e offrendo un canale per l’apprendimento intergenerazionale permanente, rafforzando i legami, incoraggiando la condivisione e promuovendo il senso di appartenenza”.
Per l’Unesco il cucinare per gli italiani è “un’attività comunitaria che enfatizza l’intimità con il cibo, il rispetto per gli ingredienti e i momenti condivisi attorno alla tavola. La pratica è radicata nelle ricette anti-spreco e nella trasmissione di sapori, abilità e ricordi attraverso le generazioni. Essendo una pratica multigenerazionale, con ruoli perfettamente intercambiabili, la cucina svolge una funzione inclusiva, consentendo a tutti di godere di un’esperienza individuale, collettiva e continuo di scambio, superando tutte le barriere interculturali e intergenerazionali”.
Previsioni confermate, insomma, a premiare anche gli sforzi compiuti dal giurista Pier Luigi Petrillo, che ha curato il dossier di candidatura, supportato da La Cucina Italiana, l’Accademia Italiana della Cucina, la Fondazione Casa Artusi. Ma è stato un percorso accompagnato ormai da anni da una saturazione mediatica: è il caso di ricordare che, oltre al sopraddetto Masterchef, gli schermi italiani grondano cucina a ogni ora: da “Cucine da incubo” con lo chef Cannavacciuolo, a “Celebrity chef” e “4 ristoranti” con Alessandro Borghese, al quotidiano “È sempre mezzogiorno” con Antonella Clerici, al canale tematico no stop “Food Network” e molti altri ancora. Tutti poeti, naviganti e cuochi, insomma.

Questo riconoscimento, comunque, è un risultato che conferma il settore agroalimentare (quello italiano vale circa io 15% del Pil, oltre 700 miliardi di euro; da solo, il turismo enogastronomico conta più di 40 miliardi di euro) quale fiore all’occhiello del bouquet italiano Unesco: record mondiale di riconoscimenti in proporzione al numero di quelli complessivi ottenuti.
Delle 21 tradizioni iscritte nella lista dei patrimoni culturali immateriali, nove sono infatti riconducibili all’agroalimentare: la cucina italiana, l’arte dei pizzaiuoli napoletani, la transumanza, la costruzione dei muretti a secco in agricoltura, la coltivazione della vite ad alberello dello zibibbo di Pantelleria, la dieta mediterranea, la cava e cerca del tartufo, il sistema irriguo tradizionale, l’allevamento dei cavalli lipizzani.
Ovvie le reazioni che hanno accolto la notizia. “La cucina italiana è il nostro ambasciatore più formidabile – ha dichiarato la Premier Giorgia Meloni -. Accompagna il turismo, arricchisce l’offerta culturale italiana e annuncia in tutto il mondo il desiderio di essere presente nei tanti luoghi e tra le persone che rendono l’Italia una comunità. E oggi voglio ringraziare tutti gli italiani nel mondo, perché è anche un’opportunità per loro”.
“Oggi l’Italia ha vinto ed è una festa che appartiene a tutti perché parla delle nostre radici, della nostra creatività e della nostra capacità di trasformare la tradizione in valore universale” ha aggiunto il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.
“È il riconoscimento mondiale di un modello culturale che è parte integrante della nostra identità nazionale e, allo stesso tempo, un asset strategico di grande rilevanza per il tessuto economico italiano. Il successo delle nostre eccellenze culinarie risiede in un apparato vincente e inossidabile in cui tutti gli elementi operano in sinergia – ha detto il ministro al Turismo Daniela Santanchè -. Il suo cuore è la convivialità e il valore sociale, che lega famiglie e comunità e che si unisce indissolubilmente alla ricchezza dei nostri territori, promuovendo la tutela dei prodotti locali”.
Soddisfatti anche stakeholder e protagonisti. Uno su tutti: Massimo Bottura, l’ambasciatore della cucina italiana nel mondo, ha detto che la nostra cucina “non ha pari nel mondo. È la somma di centinaia di micro-cucine, ma ovunque, che sia un cuoco o una rezdora, si preparano cibi con un amore che non ha rivali. La somma di tutti questi riti collettivi è la cucina italiana”.
Cucina che da oggi ha anche uno scudo in più per difendersi dall’“italian sounding”, ossia il proliferare di alimenti e bevande etichettati, o che graficamente evocano una provenienza italiana, quando in realtà non sono prodotti in Italia. Un giro di contraffazioni che vale circa 60 miliardi di dollari e che, secondo Coldiretti, riguarda soprattutto il Parmigiano Reggiano, la mozzarella di bufala, il prosecco, il pecorino, il gorgonzola, il grana padano, il prosciutto San Daniele e Parma, l’Asiago e via dicendo.
Chissà se anche la cucina italiana patrimonio Unesco adesso suggerirà all’estero insegne di bistrot e fastfood “italian sounding”, magari con “Italian Unesco foodcooking”…
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